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THE HUNTING PARTY
E chi se lo aspettava? Dopo un inizio di carriera con il botto e valanghe di milioni di album venduti i Linkin Park, negli ultimi 8 anni, sembravano essersi persi per strada, continuando a sbattere la testa in sperimentazioni risultate indigeste alla quasi totalità dei loro fans. Dopo i Linkin post grunge, quelli Trip Hop e quelli elettro-rock ecco tornare, dopo 11 anni, i Linkin Park alternative metal (o crossover/nu metal, come si diceva una volta). Nel nuovo "The Hunting Party", la band californiana, ripesca tutti quegli elementi che hanno fatto la sua fortuna: lo screamo di Chester Bennington, il rap di Mike Shinoda, i riff della sei corde di Brad Delson ed i campionamenti di Joe Hann. Quindi, i LP ritrovano l'attitudine degli esordi. Attitudine che esplode subito nell'iniziale "Keys To The Kingdom", un pezzo dalla forte matrice hard core-crossover, tutto screamo e ritornelli rap-melodici, una sorta di "One Step Closer" del 2014. Il suono del nuovo album (inciso in analogico) appare molto crudo e diretto (diciamo anche grezzo), come se la band avesse deciso di registrare dimenticandosi completamente degli ultimi 14 anni della sua storia in favore di quelle influenze tra le quali sono cresciuti da adolescenti (hard core, punk, metal e rap). Non a caso, tra i featuring, troviamo delle icone del panorama "alternative" degli anni 90 come: i chitarristi Page Hamilton (Helmet), Tom Morello (Rage Against The Machine/Audioslave), Daron Malakian (System Of A Down) ed il rapper Rakim. La presenza di Page Hamilton alla chitarra, da a "All For Nothing" un tocco di Helmet ad un brano molto in linea con il periodo Hybrid Tehory/Meteora."Guilty Of The Same" è un brano LP dal retrogusto classic metal con qualche accenno di influenze prog alla Muse (influenze che ritroviamo anche nel singolo "Until it's gone", unica parentesi alternative pop rock dell'album). Proseguendo nell'ascolto ci si aspetterebbe una "In The End" o una "Crowling" e invece niente da fare, arriva l'hard core-punk di "War", il classico nu metal di "Wastelands" con strofa melodica e ritornello screamo e l'alternative rock mediorientale di "Rebellion" in cui è un vero piacere risentire all'opera la chitarra dei SOAD. Come già abbozzato in precedenza, un po' a sorpresa, i LP non sfornano singoloni da classifica (anche se comunque "Final Masquerade" potrebbe dire la sua) ma si concentrano esclusivamente sull'energia e a sottolineare ulteriormente ciò ci pensano "Mark The Graves" con il suo hard core melodico alla Quicksand e soprattutto "A Line In The Sand" che a tratti, deflagra nell'heavy-thrash. Veniamo alle pecche. Che senso ha collaborare con un mostro sacro come il chitarrista Tom Morello su di un brano come "Drawbar", incentrato su synth e pianoforte? E poi: capisco che sono 14 anni che i Linkin Park sono accusati di essere troppo melensi, ma questa volta, forse, lo sono stati troppo poco. Per concludere, questo "The Hunting Party" è l'album della maturità artistica, in cui riemerge la vecchia sana rabbia adolescenziale con una rilegatura meno patinata, più adulta, con spunti rock, hard core e metal che arricchiscono la parte old school del disco. Hybrid Theory e Meteora hanno avuto finalmente un seguito, anzi, più che un seguito, un prequel.
Voto: 7,5
01. Keys to the Kingdom
02. All for Nothing (feat. Page Hamilton)
03. Guilty All the Same (feat. Rakim)
04. The Summoning
05. War
06. Wastelands
07. Until It's Gone
08. Rebellion (feat. Daron Malakian)
09. Mark the Graves
10. Drawbar (feat. Tom Morello)
11. Final Masquerade
12. A Line in the Sand