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ALTER BRIDGE
AB III
AB III
La crescente popolarità degli Alter Bridge è qualcosa che da tempo non si vedeva più nell'ambito del rock duro, assopito da una carenza dilagante di nuove idee.
Per quanto non si possa parlare di novità tout court visti i trascorsi illusti dei 3/4 dei componenti, la band americana ha saputo miscelare efficacemente le sonorità di un rock ai limiti col metal con melodie pop in una formula vincente, allontanandosi così dal mal riuscito tentativo di riprendere dignitosamente il filone grunge come ai tempi dei Creed.
L'enorme successo degli Alter Brigde ha così posto le basi per una trepidante attesa di un nuovo capitolo che potesse competere con l'apprezzatissimo "Blackbird"; le difficoltà di potersi ripetere con altrettanto successo erano infatti molte, considerando anche i fattori destabilizzanti della reunion/nuovo album dei Creed e della collaborazione tra Slash e Kennedy che inevitabilmente avrebbero potuto togliere energie importanti.
Nonostante tutto invece la band è riuscita a tirare fuori un album degno della sua classe, forse meno immediato del predecessore ma proprio per questo molto più interessante: semplicemente battezzato "AB III", il disco è infatti contraddistinto dal classico trademark degli americani ma presenta alcune soluzioni (non moltissime per la verità) per loro inedite, come ad esempio l'inaspettato finale di una canzone smielata come "Ghost of days gone by" o l'oscura "Show me a sign" che richiama in parte gli Alice in Chains.
L'accoppiata iniziale "Slip to the void", col suo inizio ipnotico, e "Isolation" è semplicemente perfetta, un connubio esemplare di muscoli e classe.
"Still remains" è l'unico altro pezzo che segue questo filone, mentre le altre canzoni in scaletta presentano una struttura differente in cui ritroviamo molti arpeggi e aperture più classiche, non per questo banali ma meno incisive.
Si fosse fermato ai primi sei brani avremmo potuto tranquillamente parlare di capolavoro ma così non è, specie quando attaccano le tante ballad che farciscono in lungo e in largo "AB III", a volte fin troppo scontate.
Nel finale troviamo però due perle inaspettate come "Coeur D'Alene", in cui figura uno dei riff più geniali del disco su cui gira tutto il pezzo, e la splendida "Words darker than their wings", una ballad che finalmente riesce ad emozionare sul serio.
Alla luce di un processo creativo non proprio sgombro da nubi, "AB III" stupisce per l'ottima qualità delle sue composizioni ma lascia un po' di amaro in bocca per quella manciata di brani non all'altezza degli altri.
Mi auguro così che il prossimo disco possa contare su una band concentrata esclusivamente su sè stessa, coraggiosa di prendersi il tempo necessario per dare alla luce il proprio capolavoro.
Per quanto non si possa parlare di novità tout court visti i trascorsi illusti dei 3/4 dei componenti, la band americana ha saputo miscelare efficacemente le sonorità di un rock ai limiti col metal con melodie pop in una formula vincente, allontanandosi così dal mal riuscito tentativo di riprendere dignitosamente il filone grunge come ai tempi dei Creed.
L'enorme successo degli Alter Brigde ha così posto le basi per una trepidante attesa di un nuovo capitolo che potesse competere con l'apprezzatissimo "Blackbird"; le difficoltà di potersi ripetere con altrettanto successo erano infatti molte, considerando anche i fattori destabilizzanti della reunion/nuovo album dei Creed e della collaborazione tra Slash e Kennedy che inevitabilmente avrebbero potuto togliere energie importanti.
Nonostante tutto invece la band è riuscita a tirare fuori un album degno della sua classe, forse meno immediato del predecessore ma proprio per questo molto più interessante: semplicemente battezzato "AB III", il disco è infatti contraddistinto dal classico trademark degli americani ma presenta alcune soluzioni (non moltissime per la verità) per loro inedite, come ad esempio l'inaspettato finale di una canzone smielata come "Ghost of days gone by" o l'oscura "Show me a sign" che richiama in parte gli Alice in Chains.
L'accoppiata iniziale "Slip to the void", col suo inizio ipnotico, e "Isolation" è semplicemente perfetta, un connubio esemplare di muscoli e classe.
"Still remains" è l'unico altro pezzo che segue questo filone, mentre le altre canzoni in scaletta presentano una struttura differente in cui ritroviamo molti arpeggi e aperture più classiche, non per questo banali ma meno incisive.
Si fosse fermato ai primi sei brani avremmo potuto tranquillamente parlare di capolavoro ma così non è, specie quando attaccano le tante ballad che farciscono in lungo e in largo "AB III", a volte fin troppo scontate.
Nel finale troviamo però due perle inaspettate come "Coeur D'Alene", in cui figura uno dei riff più geniali del disco su cui gira tutto il pezzo, e la splendida "Words darker than their wings", una ballad che finalmente riesce ad emozionare sul serio.
Alla luce di un processo creativo non proprio sgombro da nubi, "AB III" stupisce per l'ottima qualità delle sue composizioni ma lascia un po' di amaro in bocca per quella manciata di brani non all'altezza degli altri.
Mi auguro così che il prossimo disco possa contare su una band concentrata esclusivamente su sè stessa, coraggiosa di prendersi il tempo necessario per dare alla luce il proprio capolavoro.
Salvatore Dragone
Voto: 8
Voto: 8
TRACKLIST:
01. Slip To The Void
02. Isolation
03. Ghost Of Days Gone By
04. All Hope Is Gone
05. Still Remains
06. Make It Right
07. Wonderful Life
08. I Know It Hurts
09. Show Me A Sign
10. Fallout
11. Breathe Again
12. Coeur D’Alene
13. Life Must Go On
14. Words Darker Than Their Wings
01. Slip To The Void
02. Isolation
03. Ghost Of Days Gone By
04. All Hope Is Gone
05. Still Remains
06. Make It Right
07. Wonderful Life
08. I Know It Hurts
09. Show Me A Sign
10. Fallout
11. Breathe Again
12. Coeur D’Alene
13. Life Must Go On
14. Words Darker Than Their Wings