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ALIAS MUNDI
ALIAS MUNDI

Debutto discografico per gli Alias Mundi. Un EP di quattro (lunghe) tracce tutte da sviscerare. Già, perché gli Alias non sono un gruppo da ascoltare distrattamente in macchina, o passeggiando sovrappensiero con l’iPod. Almeno non prima di aver assorbito per bene tutti i pezzi.
La band infatti ci propone un buon miscuglio di Progressive-Metal anni ’90 (Dream Theater, Synphony X, Angra), e di Progressive di matrice europea anni ’70; ma con l’aggiunta di altre influenze musicali (una su tutte il Jazz) portate in casa Mundi anche dagli ultimi ingressi nella band: quella del bassista Riccardo Fringuelli (militante nella scena Post-Thrash) ed il cantante Massimo Evangelisti.
Tutti e quattro i pezzi evidenziano un livello tecnico e di studio molto elevato: le segnature insolite si susseguono a sezioni più orecchiabili senza strappi eccessivi e fuori luogo. In genere ogni canzone riesce a mantenere una propria compattezza, anche se in brevi tratti paiono perdere un po’ la bussola, ma senza smarrirsi mai irrimediabilmente. Un altro punto fortemente a loro favore è quello di non farsi sormontare dal tecnicismo fine a se stesso. Insomma, oltre a saper suonare gli Alias Mundi riescono ad evocare varie impressioni e suggestioni; una volta tanto, tanta destrezza musicale è funzionale nell’esprimere qualcosa.
Questo importante elemento, va detto, andrebbe non sottovalutato e affinato a dovere nei prossimi lavori. Le prove migliori dell’EP sono comunque “Seed of Essence”: fluida ballad dalle tinte molto Jazz, in cui il piano e la voce creano un buon intreccio dai tratti molto emozionali; e “Anger”: in cui tutte le influenze del gruppo vengono a galla mischiandosi tra loro.
Nell’ultimo brano invece si lascia spazio ad una cavalcata decisamente Thrash-Metal, che da' un tocco più duro a tutto il lavoro. A conti fatti quindi, il debutto degli Alias Mundi convince a pieno, essendo riuscito a destreggiarsi bene in un genere di riferimento, qual è il Progressive-Metal, che spesso funge da gabbia autoreferenziale.
Certo, alcuni tratti andrebbero migliorati e sviluppati meglio (per esempio certe linee vocali mi piacerebbero personalizzate di più). Diversi angoli andrebbero smussati, ed altri al contrario affilati con più precisione, ma le potenzialità e i presupposti ci sono tutti.
Un disco quindi, consigliato per orecchie finii ed esigenti. Sconsigliato invece per chi cercasse musica di puro impatto.

Velièn
Voto: 7,5
TRACKLIST:

1. Don't Get Lost
2. Anger
3. Seed of Essence
4. I Don't Live I Don't Die