Dal 6 ottobre riparte GROOVE BOX
su Radio Lupo Solitario 90,7 FM!
La trasmissione andrà in onda ogni Giovedi dalle 20 alle 21!
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HOLE
NOBODY’S DAUGHTER
NOBODY’S DAUGHTER
“Nobody’s Daughter” non è il nuovo disco delle Hole. Poco importa se la copertina porta il nome della band formatasi nel 1989 e scioltasi nel 2002, perché nulla è rimasto di quella formazione che aveva sfornato ottimi dischi come “Live Through This” oppure l’ultimo “Celebrity Skin”, nulla a parte Courtney Love ovviamente.
Esclusi da questa reunion la batterista Patty Schemel, il chitarrista Eric Erlandson, che ha paragonato questa operazione alla stessa fatta da Axl Rose e Billy Corgan con le rispettive band, e la bassista Melissa Auf Der Maur, l’unica che dopo lo scioglimento si rimbocco le maniche e dimostrò effettivamente di essere un’artista di successo ottenendo buoni risultati con il suo omonimo debutto solista ed oggi in uscita con il suo secondo full-lenght “Out Of Our Minds”.
Una decisione quella della Love che sembra quasi frutto di una smania di protagonismo elaborata in un ottica meramente commerciale, sinonimo anche della testardaggine per la quale la signora Cobain si è sempre distinta in questi suoi anni di carriera.
Avvalendosi della preziosa collaborazione del prima citato Corgan e dell’amica Linda Perry (leader delle 4 Non Blondes), Courtney ha realizzato le 11 tracce che compongono questo suo nuovo album, che sebbene presenti qualche spunto interessante non riesce né a mantenere i livelli di qualità dei suoi lavori precedenti nè tantomeno a bissarne il successo.
La partenza non è malvagia, la melodia della title-track iniziale è piacevole, le chitarre distorte di “Skinny Little Bitch” (si vocifera sia dedicata a Lily Allen) sono graffianti mentre quelle acustiche di “Pacific Coast Highway” scorrono fluide ricordando vagamente la bellissima “Malibu”, però proseguendo nell’ascolto si ha la sensazione di essere musicalmente rimasti a quel rock simil grunge anni ’90, lasciando trasparire quasi l’intenzione di voler risalire su di un treno già passato parecchio tempo fa.
Pochi sono dunque gli accenni di un cambiamento mentre invece pesanti sono i segni della vita sregolata condotta dalla bionda cantante che oggi si riflettono negativamente soprattutto sulla sua voce, con una performance incolore che sfiora solamente la sufficienza.
Si ritorna dunque alle considerazioni fatte ad inizio recensione con un certo rammarico per il mancato coinvolgimento degli ex-membri, che mai avevano chiuso le porte ad un eventuale ritorno con le Hole e che avrebbe donato valore aggiunto a questo album non solo da un punto di vista artistico, ma soprattutto in termini di credibilità, qualità che sembra proprio non rientrare nelle corde di Courtney.
Esclusi da questa reunion la batterista Patty Schemel, il chitarrista Eric Erlandson, che ha paragonato questa operazione alla stessa fatta da Axl Rose e Billy Corgan con le rispettive band, e la bassista Melissa Auf Der Maur, l’unica che dopo lo scioglimento si rimbocco le maniche e dimostrò effettivamente di essere un’artista di successo ottenendo buoni risultati con il suo omonimo debutto solista ed oggi in uscita con il suo secondo full-lenght “Out Of Our Minds”.
Una decisione quella della Love che sembra quasi frutto di una smania di protagonismo elaborata in un ottica meramente commerciale, sinonimo anche della testardaggine per la quale la signora Cobain si è sempre distinta in questi suoi anni di carriera.
Avvalendosi della preziosa collaborazione del prima citato Corgan e dell’amica Linda Perry (leader delle 4 Non Blondes), Courtney ha realizzato le 11 tracce che compongono questo suo nuovo album, che sebbene presenti qualche spunto interessante non riesce né a mantenere i livelli di qualità dei suoi lavori precedenti nè tantomeno a bissarne il successo.
La partenza non è malvagia, la melodia della title-track iniziale è piacevole, le chitarre distorte di “Skinny Little Bitch” (si vocifera sia dedicata a Lily Allen) sono graffianti mentre quelle acustiche di “Pacific Coast Highway” scorrono fluide ricordando vagamente la bellissima “Malibu”, però proseguendo nell’ascolto si ha la sensazione di essere musicalmente rimasti a quel rock simil grunge anni ’90, lasciando trasparire quasi l’intenzione di voler risalire su di un treno già passato parecchio tempo fa.
Pochi sono dunque gli accenni di un cambiamento mentre invece pesanti sono i segni della vita sregolata condotta dalla bionda cantante che oggi si riflettono negativamente soprattutto sulla sua voce, con una performance incolore che sfiora solamente la sufficienza.
Si ritorna dunque alle considerazioni fatte ad inizio recensione con un certo rammarico per il mancato coinvolgimento degli ex-membri, che mai avevano chiuso le porte ad un eventuale ritorno con le Hole e che avrebbe donato valore aggiunto a questo album non solo da un punto di vista artistico, ma soprattutto in termini di credibilità, qualità che sembra proprio non rientrare nelle corde di Courtney.
Whitelocust
Voto: 6
Voto: 6
TRACKLIST:
01.Nobody’s Daughter
02.Skinny Little Bitch
03.Honey
04.Pacific Coast Highway
05.Samantha
06.Someone Else’s Bed
07.For Once In Your Life
08.Letter To God
09.Loser Dust
10.How Dirty Girls Get Clean
11.Never Go Hungry
01.Nobody’s Daughter
02.Skinny Little Bitch
03.Honey
04.Pacific Coast Highway
05.Samantha
06.Someone Else’s Bed
07.For Once In Your Life
08.Letter To God
09.Loser Dust
10.How Dirty Girls Get Clean
11.Never Go Hungry