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ATREYU
CONGREGATION OF THE DAMNED
CONGREGATION OF THE DAMNED
Prima di avventurarsi nell’ascolto di questo disco è necessaro fermarsi un secondo e fare una considerazione: gli Atreyu hanno smesso di essere una band credibile nel 2006, con l’uscita di “A Death-Grip on Yesterday” e del singolo ivi racchiuso “The Theft”. In maniera decisamente onesta se ne sono pure resi conto e, senza nascondersi, hanno pubblicato un “Best of… Atreyu” a siglare la fine di quella che era una band capace di suonare un genere 100% anni ottanta come il power metal in chiave moderna, con attitudine e referenze decisamente HC.
Con il disco del 2006 i cinque di Orange County hanno deciso di svoltare e di cambiare strada, dando al loro suono uno spettro molto più ampio, che passi dal fan degli Iron Maiden alla ragazzina tredicenne autodichiarata alterna-emo-metallo-punkers che si spara i Tokio Hotel in cuffia. In questa manovra va loro riconosciuta anche una certa qual perizia che li ha portati a scelte molto coerenti come il mollare la Victory per approdare alla casa base del “fake-metal” moderno, ovvero Roadrunner.
Ora, se il cambio di strada sia o meno stata una scelta giusta non sta a me dirlo, io posso al più dire che musicalmente li preferivo di gran lunga agli esordi, ma non è questo il punto. Sono qui per recensire un disco che in tutto e per tutto prosegue il percorso iniziato nel 2006 e quindi dico subito che stando alla dichiarazione di intenti il bersaglio è stato centrato in pieno.
“Congregation of the Damned” è a suo modo perfetto nel suo essere, passatemi il termine, paraculo. 13 tracce di pura e semplice tamarria che siamo tutti pronti a deprecare, ma che sotto sotto poi ci piace ascoltare. Roba che dal vivo richiede la bandana in testa, le corna alzate e magari anche un filo di headbangin, ma senza esagerare. Gli ingredienti necessari a sfornare un disco di questo genere ci sono tutti. Ci sono le melodie che si stampano in testa come nel caso di “Bleeding is a Luxury” e “Lonely”, ci sono i riffoni di chitarra tecnicamente ineccepibili e ben intrecciati, c’è la cavalcata power di “Ravenous”, c’è il doppio pedale, anche se usato con più parsimonia rispetto al passato e c’è perfino “Wait for You”, la ballatona strappamutande finale.
A voler essere pignoli e prestando la giusta attenzione si potrebbe dire che gli scream di Alex siano ormai al limite dell’imbarazzante, ma posso garantire che bisogna soffermarsi ad analizzarli per accorgersene, perché nel contesto non stonano affatto sebbene i passaggi migliori di questo disco siano quelli dal cantato pulito.
In conclusione “Congregation of the Damned” è un disco che non verrà certo ricordato nella storia, ma che si lascia ascoltare piacevolmente e che offre a tutti la possibilità di sentirsi metallari per 48 minuti.
Con il disco del 2006 i cinque di Orange County hanno deciso di svoltare e di cambiare strada, dando al loro suono uno spettro molto più ampio, che passi dal fan degli Iron Maiden alla ragazzina tredicenne autodichiarata alterna-emo-metallo-punkers che si spara i Tokio Hotel in cuffia. In questa manovra va loro riconosciuta anche una certa qual perizia che li ha portati a scelte molto coerenti come il mollare la Victory per approdare alla casa base del “fake-metal” moderno, ovvero Roadrunner.
Ora, se il cambio di strada sia o meno stata una scelta giusta non sta a me dirlo, io posso al più dire che musicalmente li preferivo di gran lunga agli esordi, ma non è questo il punto. Sono qui per recensire un disco che in tutto e per tutto prosegue il percorso iniziato nel 2006 e quindi dico subito che stando alla dichiarazione di intenti il bersaglio è stato centrato in pieno.
“Congregation of the Damned” è a suo modo perfetto nel suo essere, passatemi il termine, paraculo. 13 tracce di pura e semplice tamarria che siamo tutti pronti a deprecare, ma che sotto sotto poi ci piace ascoltare. Roba che dal vivo richiede la bandana in testa, le corna alzate e magari anche un filo di headbangin, ma senza esagerare. Gli ingredienti necessari a sfornare un disco di questo genere ci sono tutti. Ci sono le melodie che si stampano in testa come nel caso di “Bleeding is a Luxury” e “Lonely”, ci sono i riffoni di chitarra tecnicamente ineccepibili e ben intrecciati, c’è la cavalcata power di “Ravenous”, c’è il doppio pedale, anche se usato con più parsimonia rispetto al passato e c’è perfino “Wait for You”, la ballatona strappamutande finale.
A voler essere pignoli e prestando la giusta attenzione si potrebbe dire che gli scream di Alex siano ormai al limite dell’imbarazzante, ma posso garantire che bisogna soffermarsi ad analizzarli per accorgersene, perché nel contesto non stonano affatto sebbene i passaggi migliori di questo disco siano quelli dal cantato pulito.
In conclusione “Congregation of the Damned” è un disco che non verrà certo ricordato nella storia, ma che si lascia ascoltare piacevolmente e che offre a tutti la possibilità di sentirsi metallari per 48 minuti.
Manq
Voto: 6,5
Voto: 6,5
TRACKLIST:
01 - Stop: Before It's To Late And We'Ve Destroyed It All
02 – Bleeding is a Luxury
03 – Congregation of the Damned
04 – Coffin Nails
05 – Black Days Begin
06 – Gallows
07 – Storm to Pass
08 - You Were The King, And Know Your Unconscious
09 – Insatiable
10 – So Wrong
11 – Ravenous
12 – Lonely
13 – Wait for You
01 - Stop: Before It's To Late And We'Ve Destroyed It All
02 – Bleeding is a Luxury
03 – Congregation of the Damned
04 – Coffin Nails
05 – Black Days Begin
06 – Gallows
07 – Storm to Pass
08 - You Were The King, And Know Your Unconscious
09 – Insatiable
10 – So Wrong
11 – Ravenous
12 – Lonely
13 – Wait for You