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PEARL JAM
BACKSPACER
I Pearl Jam non hanno proprio voglia di invecchiare: lasciano sfogo alla propria vena creativa trasportati dall’energia delle proprie canzoni, dimostrando ancora una volta che il sacro fuoco del rock’n roll arde ancora in loro, più vivo che mai.
“Backspacer”, nono album in studio della band, ci racconta di come per Eddie Vedder e soci non sia ancora giunta l’ora di congedarsi dalle scene, perché la voglia di far sentire la propria voce è ancora tanta e soprattutto perché c’è ancora tanta gente che ha bisogno della loro musica.
Sembra quasi che, a dispetto delle voci che preannunciavano un disco più tranquillo e moderato, il quintetto si sia invece lasciato andare in fase di scrittura del nuovo materiale quasi perdendone il controllo, come se una volta schiacciato il piede sul distorsore questo non si volesse più staccare.
Non di certo un album devastante - sia chiaro - però sicuramente dinamico, forte di una vitalità contagiosa che appare genuina e naturale; il che però non può stupire, visto che stiamo comunque parlando dei “sopravvissuti” del movimento grunge di Seattle.
Si divertono come ragazzini i Jam nel modellare il proprio sound, dando ad esso diverse sfumature sempre comunque mantenendolo fedele alla tradizione passata; allo stesso tempo il suono si rivela al passo con i tempi, come solo la loro maturità artistica può permettere.
Il primo singolo “The Fixer” è il tipico brano che ti aspetteresti dagli ultimi Incubus: costruito su aperture pop leggere dal retrogusto new wave, che riescono a catturare da subito l’attenzione dell’ascoltatore; la cosa si ripete anche con il mid-tempo di “Amongst The Waves”, pezzo più classico dal ritornello molto efficace.
I momenti più esplosivi si hanno con il rock n' roll dell’iniziale “Gonna See Some Friends”, con la frenetica “Got Some” e con “Jhonny Guitar”, uno degli episodi più interessanti dell’intero album in cui Vedder si lascia andare in un saliscendi vocale che ne aumenta l’intensità e che certamente saprà scaldare i fans durante i concerti.
Una piccola parentesi acustica è rappresentata da “Just Breathe” e dalla conclusiva “The End”, dove i fari sono puntati sulla calda voce del cantante, capace di emozionare - in modo unico ed inimitabile - in due ballate che gli estimatori della recente colonna del film “Into The Wild” sapranno di certo apprezzare.
Credo non ci sia più nulla da aggiungere se non dire che i Pearl Jam dimostrano di poterci ancora stare nel panorama alternative/rock odierno di cui essi stessi sono stati tra i padri fondatori; sebbene il tiro non è più quello di una volta, ci viene impartita l’ennesima lezione di musica.
Una lezione di classe e professionalità che la maggior parte dei gruppi in circolazione oggi dovrebbe prendere come esempio, perché in fondo dai più grandi c’è sempre qualcosa da imparare.
Whitelocust
Voto: 8
TRACKLIST:

01.Gonna See Some Friends
02.Got Some
03.The Fixer
04.Johnny Guitar
05.Just Breathe
06.Amongst The Waves
07.Unthought Known
08.Supersonic
09.Speed Of Sound
10.Force Of Nature
11.The End