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MEGADETH
ENDGAME
ENDGAME
Dave Mustaine ha deciso finalmente di fare sul serio e tirare fuori gli artigli dopo una serie di album discreti. “Endgame” rappresenta senza alcun dubbio una prova d’orgoglio e di carattere in risposta a chi dava i Megadeth per bolliti e autori della solita pappina: niente di tutto ciò signori, solo bordate di metallo incandescente.
Ritengo che l’ingresso nella line up di Chris Broderick rappresenti la chiave di lettura per comprendere a fondo la riuscita di questo disco. E’ impossibile infatti non notare la nuova linfa che il talentuoso chitarrista ha apportato al Megadeth sound in termini di appesantimento e tecnica, dopotutto la scuola Nevermore è garanzia (Chris è stato parte della band di Seattle in sede live).
“Endgame” può essere visto come l’ennesimo spartiacque nella storia dei deth, sospeso tra un grande ritorno ai fasti dell’epoca “Rust in peace”, per ciò che concerne il songwriting più complesso e la perizia tecnica, e una tensione modernista nel sound.
La prima traccia è il manifesto di quanto detto prima: un <caos> strumentale di 3 minuti in cui i due cavalli di razza della 6 corde si inseguono in uno scambio dialettico formidabile, ricordando per certi versi l’indimenticabile “Into the lungs of hell”.
Per tutta la durata del disco si ha l’impressione di essere trascinati da questo vortice di note impazzite, veramente pochi sono i cali di tensione e “The hardest part of letting go” sarà l’unico momento in cui potrete rifiatare per qualche secondo prima di rituffarvi nel mare burrascoso di Megadave. “Endgame” ha tutte le carte in regola per diventare uno dei capisaldi della storia della band alla pari dei capolavori del passato: tecnica, aggressività, potenza e melodie costituiscono il poker d’assi che restituiranno la corona a re Dave.
Come successo ai rivali/amici Metallica con “Death magnetic” lo stesso discorso vale per questi Megadeth, effettivamente rinati artisticamente. Strano anche come il destino di queste due band sia strettamente intrecciato in termini di svolte stilistiche, successi e insuccessi. Parallelismi inspiegabili che forse si giustificano nell’incapacità di due geni a stare un gradino sotto l’altro.
Considerazioni personali a parte, il bilancio finale vede “Endgame” promosso a pieni voti. Consiglio dunque vivamente tutti voi a fare vostra una delle perle del 2009, non farlo sarebbe davvero un crimine.
Ritengo che l’ingresso nella line up di Chris Broderick rappresenti la chiave di lettura per comprendere a fondo la riuscita di questo disco. E’ impossibile infatti non notare la nuova linfa che il talentuoso chitarrista ha apportato al Megadeth sound in termini di appesantimento e tecnica, dopotutto la scuola Nevermore è garanzia (Chris è stato parte della band di Seattle in sede live).
“Endgame” può essere visto come l’ennesimo spartiacque nella storia dei deth, sospeso tra un grande ritorno ai fasti dell’epoca “Rust in peace”, per ciò che concerne il songwriting più complesso e la perizia tecnica, e una tensione modernista nel sound.
La prima traccia è il manifesto di quanto detto prima: un <caos> strumentale di 3 minuti in cui i due cavalli di razza della 6 corde si inseguono in uno scambio dialettico formidabile, ricordando per certi versi l’indimenticabile “Into the lungs of hell”.
Per tutta la durata del disco si ha l’impressione di essere trascinati da questo vortice di note impazzite, veramente pochi sono i cali di tensione e “The hardest part of letting go” sarà l’unico momento in cui potrete rifiatare per qualche secondo prima di rituffarvi nel mare burrascoso di Megadave. “Endgame” ha tutte le carte in regola per diventare uno dei capisaldi della storia della band alla pari dei capolavori del passato: tecnica, aggressività, potenza e melodie costituiscono il poker d’assi che restituiranno la corona a re Dave.
Come successo ai rivali/amici Metallica con “Death magnetic” lo stesso discorso vale per questi Megadeth, effettivamente rinati artisticamente. Strano anche come il destino di queste due band sia strettamente intrecciato in termini di svolte stilistiche, successi e insuccessi. Parallelismi inspiegabili che forse si giustificano nell’incapacità di due geni a stare un gradino sotto l’altro.
Considerazioni personali a parte, il bilancio finale vede “Endgame” promosso a pieni voti. Consiglio dunque vivamente tutti voi a fare vostra una delle perle del 2009, non farlo sarebbe davvero un crimine.
Salvatore Dragone
Voto: 8
Voto: 8
TRACKLIST:
01. Dialectic Chaos
02. This Day We Fight!
03. 44 Minutes
04. 1,320
05. Bite The Hand That Feeds
06. Bodies Left Behind
07. Endgame
08. The Hardest Part Of Letting Go… Sealed With A Kiss
09. Headcrusher
10. How the Story Ends
11. Nothing Left To Lose
01. Dialectic Chaos
02. This Day We Fight!
03. 44 Minutes
04. 1,320
05. Bite The Hand That Feeds
06. Bodies Left Behind
07. Endgame
08. The Hardest Part Of Letting Go… Sealed With A Kiss
09. Headcrusher
10. How the Story Ends
11. Nothing Left To Lose