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CRACK THE SKYE
Nella pochezza delle incalcolabili uscite che intasano da anni il mondo del metal ci si era quasi rassegnati al triste destino di un genere che le ha viste e provate proprio tutte. Il XXI secolo non è stato dopotutto molto generoso col povero popolo metallico, legato per lo più a nomi usciti negli anni '90 (pochi), per non dire '80 e '70, ed esposto ai cloni di turno dei miti del passato e a migliaia di altre band senza piglio né personalità.
In questo deserto di idee tuttavia esiste un’oasi felice, unica speranza, o forse già certezza, per la storia del metal: i Mastodon.
Autori di un’evoluzione musicale portentosa, la band americana ci aveva lasciato 3 anni fa con lo splendido “Blood mountain”, album dal groove eccezionale in cui thrash, southern e progressive trovavano una nuova alchimia sonora capace di dar vita ad una proposta che, per quanto se ne intuissero le influenze stilistiche, costituiva a tutti gli effetti un caso unico e non riconducibile ad altre band. Se poi si aggiungono tematiche e immaginari esoterici ecco che l’interesse nei loro confronti non può che moltiplicarsi.
“Crack the skye” è stato oggetto di grande attenzione mediatica nei mesi precedenti la sua uscita ufficiale, soprattutto ci si chiedeva se i quattro musicisti di Atlanta potessero compiere quel passo che porta una buona band a diventare grande. Ebbene, la prova del nove è stata superata appieno. I Mastodon, e non ho paura a dirlo, sono una di quelle band che da oggi in poi faranno parte del bagaglio culturale dei metallari di tutto il mondo. “Crack the skye” è un capolavoro di potenza e raffinatezza impregnato di un’aura mistica che lo trasforma in una sorta di percorso spirituale.
L’album si compone di 7 brani dalla durata media abbastanza elevata, fatta eccezione per il primo singolo “Divinations” di cui recentemente è anche uscito il video ufficiale.
Registrato sotto la supervisione del grande produttore Brendan O’Brien, “Crack the skye” si distacca molto dal suo predecessore, snellendo di fatto la parte più heavy e focalizzando maggiormente il lato progressive della band, cosa che forse farà storcere il naso a qualcuno ma che non potrà che essere apprezzata dalla maggioranza del pubblico. Incredibile il lavoro dei due chitarristi Brent Hinds e Bill Kelliher che riescono a creare degli intrecci azzeccatissimi in ogni pezzo, anche se non bisogna tralasciare l’operato del bassista Troy Sanders e del batterista Brann Dailor, autore di un drumming schizofrenico. Nessun ultratecnicismo è alla base delle composizioni, ma solo tanto, tanto gusto. E non mi pare poco…
Se proprio devo trovare un difettuccio a questo album immenso, potrei citare la voce di Hinds, non brutta, per carità, ma ha un timbro che può o non può piacere a tutti.
Non mi sento, infine, di consigliare alcun brano in particolare ma solo di accendere lo stereo e lasciarsi trasportare dalle atmosfere di “Crack the skye”. Chissà se ne parlemo fra 10 anni come di un album che ha lasciato un segno indelebile, io credo di si. Aaaaaaaaaaaaaaaahhh, come suonano i Mastodon!
Voto: 10
01. Oblivion
02. Divinations
03. Quintessenze
04. Czar
05. Ghost of Karelia
06. Crack the skye
07. The last baron