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MUDVAYNE
THE NEW GAME
THE NEW GAME
Correva l’anno 2000 quando, dopo aver acquistato il cd dei Mudvayne “LD 50” durante il pomeriggio, la sera correvo a vedere il loro primo live in Italia ai Magazzini Generali di Milano senza il legamento crociato del ginocchio destro. A parte le mie sfortune fisiche quel giorno rimasi folgorato da questi quattro diavoli che si agitavano sul palco.
Il quartetto viene scoperto da Shawn Crahan, percussionista degli Slipknot, in quanto la loro musica aveva grossissime affinità comuni. Soprattutto nel mondo Nu Metal che imperversava in quegli anni.
In fin dei conti con il già citato “LD 50” i quattro ragazzi di Peoria nell’Illinois si proponevano come i fratelli minori del più quotato combo di Des Moines, Iowa, con un sound meno elaborato da un punto di vista dell’impatto, considerando proprio il numero dei membri, ma probabilmente più raffinato nel songwriting e più particolareggiato nei costanti cambi di ritmo all’interno degli stessi pezzi.
Dopo aver proposto un remake del primo EP i Mudvayne si confermano con “The End of All Things To Come” e con “Lost and Found” ammorbidendo leggermente le sonorità ma rendendo più easy listening l’apprendimento dei brani e riuscendo a dare una forma canzone più normale ai propri brani.
Di poco interesse a livello musicale ma di sicuro impatto sui propri fan, con “By The People, For The People” la band, attraverso un format sul proprio sito, ha fatto creare la tracklist della raccolta di remix e b-side ai propri sostenitori.
Dopo tre anni senza studio album esce la notizia di un doppio concept, due full-length che dovrebbero uscire a distanza di un anno: “The New Game” e “Game Over”.
La band non conferma ma neanche smentisce. Intanto puntuale esce “The New Game”.
I Mudvayne confermano il trend di “Lost and Found” e presentano pezzi basati sempre su un forte contrasto tra ritmiche diverse, accelerando e frenando continuamente come da sempre nei loro lavori, e rendendo anche molto all’orecchio con chorus semplici e coinvolgenti. A mio avviso il vero “fuoriclasse” del gruppo è Ryan Martinie che pizzica le corde basse come pochi al mondo, ben supportato dalle pelli pestate sodo da Matthew McDonough. Con una base come questa, la modulare voce Chad Gray può spaziare tre lo sfogo di urla disumane e le carezze di melodie pulite. A tratti Thrash il lavoro svolto dalla chitarra di Greg Tribbett.
Il primo pezzo “Fish Out of Water” è il perfetto connubio di tutte queste cose. Con cantilenate e sincopate strofe e il ritornello semi-urlato. Il singolo “Do What You Do” è fatto della stessa pasta di pezzi che hanno reso famoso “Lost and Found” quali “Happy?” e “Forget to Remember”, il ritmo Mudvayne è inconfondibile.
Track come “Dull Boy” e “A New Game” risultano pesanti e ruvide come piacciono ai fans di vecchia data. “The Hate in Me” ricorda “Dig” nell’incedere martellante e pezzi come “Have It Your Way” e “Same Ol?” salgono e scendono in un turbinio di suoni convulsi e parti melodiche mai esagerate o pompose.
La bellissima “Scarlett Letters” è una ballata in stile Mudvayne che tanto ricorda quel estroso tentativo fatto con “World So Cold” e che mette in luce tutta la creatività di un gruppo che va molto oltre la semplice capacità di fare rumore e infilare la canzonetta strappalacrime a fine album.
“Never Enough” e “A Cinderella Story”, a mio avviso, sono già un assaggio di quello che sarà il futuro del gruppo, un graduale abbandono dello stile Nu Metal altamente adrenalinico iniziale a favore un Alternative Rock più contemplato e confezionato. I due pezzi non stonano assolutamente.
La conclusiva “We The People” sembra fatta apposta per lasciare la porta aperta al secondo capitolo.
Da un gruppo che esce con un album nuovo con cadenza triennale non si può non aspettarsi un album ragionato e senza cadute di stile. I Mudvayne compatibilmente con la loro evoluzione musicale che li porta verso un sound meno brutale rispetto a quello degli esordi confermano pienamente il loro valore.
Il quartetto viene scoperto da Shawn Crahan, percussionista degli Slipknot, in quanto la loro musica aveva grossissime affinità comuni. Soprattutto nel mondo Nu Metal che imperversava in quegli anni.
In fin dei conti con il già citato “LD 50” i quattro ragazzi di Peoria nell’Illinois si proponevano come i fratelli minori del più quotato combo di Des Moines, Iowa, con un sound meno elaborato da un punto di vista dell’impatto, considerando proprio il numero dei membri, ma probabilmente più raffinato nel songwriting e più particolareggiato nei costanti cambi di ritmo all’interno degli stessi pezzi.
Dopo aver proposto un remake del primo EP i Mudvayne si confermano con “The End of All Things To Come” e con “Lost and Found” ammorbidendo leggermente le sonorità ma rendendo più easy listening l’apprendimento dei brani e riuscendo a dare una forma canzone più normale ai propri brani.
Di poco interesse a livello musicale ma di sicuro impatto sui propri fan, con “By The People, For The People” la band, attraverso un format sul proprio sito, ha fatto creare la tracklist della raccolta di remix e b-side ai propri sostenitori.
Dopo tre anni senza studio album esce la notizia di un doppio concept, due full-length che dovrebbero uscire a distanza di un anno: “The New Game” e “Game Over”.
La band non conferma ma neanche smentisce. Intanto puntuale esce “The New Game”.
I Mudvayne confermano il trend di “Lost and Found” e presentano pezzi basati sempre su un forte contrasto tra ritmiche diverse, accelerando e frenando continuamente come da sempre nei loro lavori, e rendendo anche molto all’orecchio con chorus semplici e coinvolgenti. A mio avviso il vero “fuoriclasse” del gruppo è Ryan Martinie che pizzica le corde basse come pochi al mondo, ben supportato dalle pelli pestate sodo da Matthew McDonough. Con una base come questa, la modulare voce Chad Gray può spaziare tre lo sfogo di urla disumane e le carezze di melodie pulite. A tratti Thrash il lavoro svolto dalla chitarra di Greg Tribbett.
Il primo pezzo “Fish Out of Water” è il perfetto connubio di tutte queste cose. Con cantilenate e sincopate strofe e il ritornello semi-urlato. Il singolo “Do What You Do” è fatto della stessa pasta di pezzi che hanno reso famoso “Lost and Found” quali “Happy?” e “Forget to Remember”, il ritmo Mudvayne è inconfondibile.
Track come “Dull Boy” e “A New Game” risultano pesanti e ruvide come piacciono ai fans di vecchia data. “The Hate in Me” ricorda “Dig” nell’incedere martellante e pezzi come “Have It Your Way” e “Same Ol?” salgono e scendono in un turbinio di suoni convulsi e parti melodiche mai esagerate o pompose.
La bellissima “Scarlett Letters” è una ballata in stile Mudvayne che tanto ricorda quel estroso tentativo fatto con “World So Cold” e che mette in luce tutta la creatività di un gruppo che va molto oltre la semplice capacità di fare rumore e infilare la canzonetta strappalacrime a fine album.
“Never Enough” e “A Cinderella Story”, a mio avviso, sono già un assaggio di quello che sarà il futuro del gruppo, un graduale abbandono dello stile Nu Metal altamente adrenalinico iniziale a favore un Alternative Rock più contemplato e confezionato. I due pezzi non stonano assolutamente.
La conclusiva “We The People” sembra fatta apposta per lasciare la porta aperta al secondo capitolo.
Da un gruppo che esce con un album nuovo con cadenza triennale non si può non aspettarsi un album ragionato e senza cadute di stile. I Mudvayne compatibilmente con la loro evoluzione musicale che li porta verso un sound meno brutale rispetto a quello degli esordi confermano pienamente il loro valore.
NMT
Voto: 7,5
Voto: 7,5
TRACKLIST:
01. Fish Out Of Water
02. Have It Your Way
03. A New Game
04. Dull Boy
05. Do What You Do
06. The Hate In Me
07. Scarlet Letters
08. Same Ol?
09. Never Enough
10. A Cinderella Story
11. We The People