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ALL THAT REMAINS
OVERCOME
OVERCOME
Figli della costola migliore dei Shadows Fall, gli All That Remains hanno vissuto per anni come side-project di Philip Labonte. Da un lustro a questa parte il cantante si è dedicato a tempo pieno alla band sfornando ben quattro full-length.
Seguendo fedelmente la strada già tracciata da formazioni ben più titolate, il gruppo sforna un sound tipico del Metalcore melodico statunitense che, in costante evoluzione, viene sempre di più calamitato dal Thrash Metal classico e dal cantato pulito.
Insomma, anche gli All That Remains rispetto al passato suonano meno cupi e più docili. Questo gli ha permesso di entrare nella classifica di Billboard e di vendere quasi duecento mila copie con il precedente “The Fall of Ideals”. Dargli torto è difficile.
Lo so che i fans pretendono l’esclusività sul suo gruppo preferito e, a volte, anche sul genere preferito. Soprattutto gli esteti del metal, i puristi del rock e i conservatori del heavy si sentiranno anche un elite nell’universo degli ascoltatori ma possono nuocere gravemente alla diffusione dei lavori di un artista, specie in un momento di crisi come questo. Quindi inutili critiche sulla nuova metodicità espressa da band come quella oggetto di recensione possono solo evidenziare la mancanza di comprensione e di adeguamento alla realtà. Preconcetti.
Ad un artista pubblicare un album “commerciale”, che vende, non dispiace certo. Allo stesso modo gli All That Remains cercano di abbracciare il più pubblico possibile continuando il discorso di “The Fall of Ideals”.
Inoltre è una nuova proposta da parte di un veterano dello screeming come Labonte. Il passaggio a linee vocali quasi esclusivamente pulite da all’artista una dimensione più completa.
Dopo una prima traccia più vicina allo storico della band (“Bifore the Damned”), si trova subito il secondo singolo estratto dall’album “Two Weeks”. Quest’ultima è decisamente il pezzo migliore dell’album e può essere presa come cavallo di battaglia dell’intero lavoro. Veloce di chitarre, ritmata da un ottimo lavoro di batteria e senza growl. Sapendo che tutto il genere ha virato verso certe sonorità non si può notare una notevole somiglianza tra il suono di “Undone” e quello che attualmente propongono i Trivium. Continuando nell’alternanza di pezzi cattivi e tracce più melodiche troviamo “Forever in Your Hands” una ottima, passatemi il termine, core-ballad dalle venature romantiche e affascinanti.
Il primo singolo estratto dall’album è “Chiron”, pezzo molto più vicino allo standard passato del gruppo, con celato all’interno della struttura un bellissimo pezzo di chitarra acustica che esplode in un assolo coinvolgente. Scelta politica poiché rispetto a “Two Weeks” vale meno ma si avvicina sicuramente di più ai gusti dei fans storici del gruppo.
Fin qui l’album presenta una notevole qualità compositiva nonostante la decisa sterzata effettuata nel songwriting. Non si può dire lo stesso dei restanti brani. Tranne il particolareggiato mix acustico elettrico di “A Song For The Hopeless”, le altre tracce denotano una certa tendenza alla monotonia. “Days Without”, “Overcome” e “Do Not Obey” sono pezzi scialbi e senza personalità, dei puri riempitivi. Inoltre “Relinquish”, il pezzo più pesante del lotto, denota che gli All That Remains hanno perso la capacità di farsi apprezzare per certi tipi di sonorità.
Un lavoro un po’ a metà, probabilmente gli All That Remains hanno bisogno di un altro passo per portare a compimento la loro evoluzione partita con “The Fall of Idols”. “Overcome” è sicuramente un buon lavoro, fruibile a tutti coloro vogliono un metal vario, con cambi di ritmo e di tonalità vocali.
Mediamente più che promossi e stuzzicato da questo “Overcome” aspetterò fiducioso il prossimo album.
Seguendo fedelmente la strada già tracciata da formazioni ben più titolate, il gruppo sforna un sound tipico del Metalcore melodico statunitense che, in costante evoluzione, viene sempre di più calamitato dal Thrash Metal classico e dal cantato pulito.
Insomma, anche gli All That Remains rispetto al passato suonano meno cupi e più docili. Questo gli ha permesso di entrare nella classifica di Billboard e di vendere quasi duecento mila copie con il precedente “The Fall of Ideals”. Dargli torto è difficile.
Lo so che i fans pretendono l’esclusività sul suo gruppo preferito e, a volte, anche sul genere preferito. Soprattutto gli esteti del metal, i puristi del rock e i conservatori del heavy si sentiranno anche un elite nell’universo degli ascoltatori ma possono nuocere gravemente alla diffusione dei lavori di un artista, specie in un momento di crisi come questo. Quindi inutili critiche sulla nuova metodicità espressa da band come quella oggetto di recensione possono solo evidenziare la mancanza di comprensione e di adeguamento alla realtà. Preconcetti.
Ad un artista pubblicare un album “commerciale”, che vende, non dispiace certo. Allo stesso modo gli All That Remains cercano di abbracciare il più pubblico possibile continuando il discorso di “The Fall of Ideals”.
Inoltre è una nuova proposta da parte di un veterano dello screeming come Labonte. Il passaggio a linee vocali quasi esclusivamente pulite da all’artista una dimensione più completa.
Dopo una prima traccia più vicina allo storico della band (“Bifore the Damned”), si trova subito il secondo singolo estratto dall’album “Two Weeks”. Quest’ultima è decisamente il pezzo migliore dell’album e può essere presa come cavallo di battaglia dell’intero lavoro. Veloce di chitarre, ritmata da un ottimo lavoro di batteria e senza growl. Sapendo che tutto il genere ha virato verso certe sonorità non si può notare una notevole somiglianza tra il suono di “Undone” e quello che attualmente propongono i Trivium. Continuando nell’alternanza di pezzi cattivi e tracce più melodiche troviamo “Forever in Your Hands” una ottima, passatemi il termine, core-ballad dalle venature romantiche e affascinanti.
Il primo singolo estratto dall’album è “Chiron”, pezzo molto più vicino allo standard passato del gruppo, con celato all’interno della struttura un bellissimo pezzo di chitarra acustica che esplode in un assolo coinvolgente. Scelta politica poiché rispetto a “Two Weeks” vale meno ma si avvicina sicuramente di più ai gusti dei fans storici del gruppo.
Fin qui l’album presenta una notevole qualità compositiva nonostante la decisa sterzata effettuata nel songwriting. Non si può dire lo stesso dei restanti brani. Tranne il particolareggiato mix acustico elettrico di “A Song For The Hopeless”, le altre tracce denotano una certa tendenza alla monotonia. “Days Without”, “Overcome” e “Do Not Obey” sono pezzi scialbi e senza personalità, dei puri riempitivi. Inoltre “Relinquish”, il pezzo più pesante del lotto, denota che gli All That Remains hanno perso la capacità di farsi apprezzare per certi tipi di sonorità.
Un lavoro un po’ a metà, probabilmente gli All That Remains hanno bisogno di un altro passo per portare a compimento la loro evoluzione partita con “The Fall of Idols”. “Overcome” è sicuramente un buon lavoro, fruibile a tutti coloro vogliono un metal vario, con cambi di ritmo e di tonalità vocali.
Mediamente più che promossi e stuzzicato da questo “Overcome” aspetterò fiducioso il prossimo album.
NMT
Voto: 6,5
Voto: 6,5
TRACKLIST:
01. Before The Damned
02. Two Weeks
03. Undone
04. Forever In Your Hands
05. Chiron
06. Days Without
07. A Song For The Hopeless
08. Do Not Obey
09. Relinquish
10. Overcome
11. Believe In Nothing
01. Before The Damned
02. Two Weeks
03. Undone
04. Forever In Your Hands
05. Chiron
06. Days Without
07. A Song For The Hopeless
08. Do Not Obey
09. Relinquish
10. Overcome
11. Believe In Nothing