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METALLICA
DEATH MAGNETIC
DEATH MAGNETIC
Il disco più chiaccherato e atteso del 2008 è qui davanti a me, comprato alle 00:00 in punto di venerdì 12 settembre tanto era spasmodica l’attesa per un silenzio lungo 5 anni.
La scena sembra quella di molti film in cui il protagonista sta per incontrare nuovamente la donna di cui è innamorato dopo molto tempo e non sa, complice la forte delusione del loro ultimo incontro (St.Anger), come si comporterà nei suoi confronti, se riuscirà ancora a sentire quei brividi che lei sapeva fargli provare.
A questo punto non rimane che una cosa: fare un bel respiro, forse anche qualche preghiera, e vedere subito cosa riserverà per noi questo “Death Magnetic”. Mentre apro con grande cura il curioso packaging del disco molte sono le domande che imperversano nella mia mente: come suoneranno questi pezzi? Sarà metal o rock? Hammett tornerà a fare qualche assolo? I suoni saranno all’altezza? Rick Rubin miracolo o bufala? Trujillo sarà l’ennesimo fantoccio post-Burton o avrà contribuito a far rinsavire quei tre? Ma soprattutto, sono ancora vivi i Metallica?
Inserisco subito il cd nello stereo e faccio partire la prima traccia. Batte. Il cuore della band californiana pulsa forte. La frequenza è quella di uno stato di salute buono. Un intro dalle manifeste intenzioni aggressive e cattive come non mai introduce un riff che spazza via ogni mio dubbio: i Metallica sono vivi e vegeti! C’è di più: è maledettamente metal.
Lascio scorrere il disco e cerco di assaporare lentamente le sensazioni che la musica mi offre nei suoi 74 minuti.
Dopo un attento ascolto vorrei cimentarmi nel descrivervi brano per brano ciò che le mie orecchie hanno sentito ma penso sia una cosa difficilmente fattibile. Finirei per dire banalità del genere “questo riff sembra uscito da MOP, questo da AJFA, questo tempo di batteria mi ricorda il 'black album'...”. No, la cosa che mi preme di più sottolineare in questa recensione è il fatto che “Death Magnetic” è puramente... Metallica! Con ciò intendo dire che, per quanto si registri un palese ritorno alle origini, Hetfield & co hanno sfornato 10 canzoni che racchiudono l’essenza di una carriera quasi trentennale: se la linea guida sembra essere il thrash dei primi 4 album non si possono non notare i riferimenti a quello che la band ha prodotto in seguito (a volte anche in una sola canzone sembra di ripercorrere tutta la loro storia) o a quello che comunque è la band oggi.
Scelta saggia che condivido appieno, uno dei più grandi pregi del quartetto è sempre stato quello di non ripetersi mai, di andare sempre oltre. Un istinto inconscio questo che si concretizza anche ascoltando, per la prima volta su un disco targato Metallica, un intro di pianoforte (vero omaggio al maestro Morricone) nella emozionante “The unforgiven III”.
Se proprio dovessi trovare dei punti deboli nell’album direi forse che “The Day That Never Comes” è la prova meno convincente (strano che l’abbiano scelta come primo singolo), così come non posso esimermi dal criticare il break melodico della strumentale “Suicide & Redemption” che effettivamente fa un po’ sorridere se si pensa ai corrispettivi in capolavori come “The Call Of Ktulu”, “To Live Is To Die” o della superba “Orion”.
“Death Magnetic” è però in sostanza un disco validissimo, pieno di ottime idee, ben suonato e arrangiato con cura, impreziosito anche dal grande lavoro di Rubin che ha esaltato con una produzione aggressivissima la potenza della band. Sono abbastanza certo del fatto che DM saprà superare la prova del tempo e riconquistare anche i fan più scettici.
“Date ai Metallica ciò che è dei Metallica”...
La scena sembra quella di molti film in cui il protagonista sta per incontrare nuovamente la donna di cui è innamorato dopo molto tempo e non sa, complice la forte delusione del loro ultimo incontro (St.Anger), come si comporterà nei suoi confronti, se riuscirà ancora a sentire quei brividi che lei sapeva fargli provare.
A questo punto non rimane che una cosa: fare un bel respiro, forse anche qualche preghiera, e vedere subito cosa riserverà per noi questo “Death Magnetic”. Mentre apro con grande cura il curioso packaging del disco molte sono le domande che imperversano nella mia mente: come suoneranno questi pezzi? Sarà metal o rock? Hammett tornerà a fare qualche assolo? I suoni saranno all’altezza? Rick Rubin miracolo o bufala? Trujillo sarà l’ennesimo fantoccio post-Burton o avrà contribuito a far rinsavire quei tre? Ma soprattutto, sono ancora vivi i Metallica?
Inserisco subito il cd nello stereo e faccio partire la prima traccia. Batte. Il cuore della band californiana pulsa forte. La frequenza è quella di uno stato di salute buono. Un intro dalle manifeste intenzioni aggressive e cattive come non mai introduce un riff che spazza via ogni mio dubbio: i Metallica sono vivi e vegeti! C’è di più: è maledettamente metal.
Lascio scorrere il disco e cerco di assaporare lentamente le sensazioni che la musica mi offre nei suoi 74 minuti.
Dopo un attento ascolto vorrei cimentarmi nel descrivervi brano per brano ciò che le mie orecchie hanno sentito ma penso sia una cosa difficilmente fattibile. Finirei per dire banalità del genere “questo riff sembra uscito da MOP, questo da AJFA, questo tempo di batteria mi ricorda il 'black album'...”. No, la cosa che mi preme di più sottolineare in questa recensione è il fatto che “Death Magnetic” è puramente... Metallica! Con ciò intendo dire che, per quanto si registri un palese ritorno alle origini, Hetfield & co hanno sfornato 10 canzoni che racchiudono l’essenza di una carriera quasi trentennale: se la linea guida sembra essere il thrash dei primi 4 album non si possono non notare i riferimenti a quello che la band ha prodotto in seguito (a volte anche in una sola canzone sembra di ripercorrere tutta la loro storia) o a quello che comunque è la band oggi.
Scelta saggia che condivido appieno, uno dei più grandi pregi del quartetto è sempre stato quello di non ripetersi mai, di andare sempre oltre. Un istinto inconscio questo che si concretizza anche ascoltando, per la prima volta su un disco targato Metallica, un intro di pianoforte (vero omaggio al maestro Morricone) nella emozionante “The unforgiven III”.
Se proprio dovessi trovare dei punti deboli nell’album direi forse che “The Day That Never Comes” è la prova meno convincente (strano che l’abbiano scelta come primo singolo), così come non posso esimermi dal criticare il break melodico della strumentale “Suicide & Redemption” che effettivamente fa un po’ sorridere se si pensa ai corrispettivi in capolavori come “The Call Of Ktulu”, “To Live Is To Die” o della superba “Orion”.
“Death Magnetic” è però in sostanza un disco validissimo, pieno di ottime idee, ben suonato e arrangiato con cura, impreziosito anche dal grande lavoro di Rubin che ha esaltato con una produzione aggressivissima la potenza della band. Sono abbastanza certo del fatto che DM saprà superare la prova del tempo e riconquistare anche i fan più scettici.
“Date ai Metallica ciò che è dei Metallica”...
Salvatore Dragone
Voto: 8
Voto: 8
TRACKLIST:
01 That was just your life
02 The end of the line
03 Broken, beat & scarred
04 The day that never comes
05 All nightmare long
06 Cyanide
07 The unforgiven III
08 The Judas kiss
09 Suicide & redemption
10 My apocalypse
01 That was just your life
02 The end of the line
03 Broken, beat & scarred
04 The day that never comes
05 All nightmare long
06 Cyanide
07 The unforgiven III
08 The Judas kiss
09 Suicide & redemption
10 My apocalypse