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ANEW REVOLUTION
RISE
Dalla capitale del Texas, Austin, Joey Duenas dopo la poca fortuna avuta con gli Unloco riparte col suo nuovo progetto ANew Revolution. Lasciando da parte gli ispanici che l’avevano accompagnato nella precedente avventura, Duenas si unisce a due "paisà" come Frankie Selvaggio e Rob Urbani e al chitarrista Shaun Stockton. Giocando col le maiuscole all’interno del nome del gruppo viene messa in evidenza quella che potrebbe essere l’ennesima rivoluzione,  vista come riciclaggio di quello già fatto, o la nascita di una band profondamente cambiata rispetto ai predecessori.
In realtà troviamo entrambi i concetti. Sinceramente Duenas non cambia poi molto da quello che era il sound degli Unloco che svariavano tra la ricerca di un buon crossover e un commerciale qualunquismo di stampo nu metal. La vera rivoluzione non sta nel cosa riesce a fare con la sua nuova band ma nel come è riuscito a farlo. "Rise" è un debut album atipico, fatica di una band già matura con le idee chiare e che sa cosa vuole ottenere.
Si parte subito con il singolo di lancio "Done" col sottofondo di una folla incitante, un buon ritmo e la voce accattivante di Duenas che si destreggia tra strofe tirate e un chorus ad effetto. La chitarra è modulata correttamente tra riff martellanti e assoli, con la sezione ritmica della batteria che scandisce bene l’esordio degli ANew Revolution. Si continua sulla falsariga dell’opener sia con "N.M.E." sia con "Generations" che introducono piano piano parti vocali più morbide soprattutto nei ritornelli che, anche se un po’ ruffiani, risultano comunque piacevoli. A dire il vero in "Generations" un po’ banali.
La title track è studiata per essere l’inno dell’ascesa rivoluzionaria di Duenas: centrato in pieno! Già al secondo chorus viene automatico cantare "rise, rise".
Dopo quattro canzoni potenti è ora di tirare un po’ il fiato con la cadenzatissima ballata "Saddest Song" in contrasto con la successiva e più veloce: "California Burning".
Purtroppo è moda ormai decennale fare cover di canzoni pop mutandone soprattutto l’impatto delle chitarre. Qui ci troviamo di fronte ad una rivisitazione di "True Faith" dei New Order. Sarà che è la canzone in se ad essere bella o l’interpretazione discreta dei ANew Revolution a renderla orecchiabile senza stravolgerla evitando di creare, come a volte succede, aborti metallici senza senso. Risultato ottimo.
A questo punto l’inserimento dell’acustica "Let Go" è perfetto. Non stiamo parlando di una nuova Nothing Else Matters ma comunque di un buonissimo lento che intervalla i pezzi più tirati. Infatti la successiva "Beautiful" parte con diversi secondi di silenzio che permettono di ripensare e gustare tutto quello appena sentito. L’andamento si mantiene ancora abbastanza smorzato per non creare troppo distacco dal precedente pezzo e non lasciarlo come un’isola acustica in mezzo all’album. "Beautiful" parte docile e si accende pian piano portandoci in dono la successiva "The Lonely", forse il pezzo più riflessivo del disco, con il suo intro strumentale di due minuti. Ancora "Love To Hate" ripercorre la via sfruttata per gli ultimi due pezzi. In generale queste ultime tre tracce non aggiungono grande valore all’album incentrato su sette dei primi otto pezzi, scegliete voi quale scartare.
Duenas sfodera una prestazione indubbiamente superiore a quanto fatto vedere precedentemente con gli Unloco, bravo sia come screamer sia quando deve stare dietro a melodie più soft.
Un lavoro, forse addirittura un gruppo, fatto su misura per le sue corde vocali e per poter esprimere al meglio le sue capacità rimaste sepolte per troppo tempo sotto le ceneri degli Unloco.
Stupisce anche la produzione di una semisconosciuta Koch Records, un bel salto nel vuoto dalla Maverick della signora Ciccone.
In pratica è il risultato di un’evoluzione del sound più melodico espresso con gli Unloco piuttosto che una vera rivoluzione come proclama il gruppo e il suo frontman in primis. Certo che se il risultato è questo possiamo veramente dire che il signor Duenas ha trovato la sua dimensione producendo qualcosa che, pur risultando semplice e orecchiabile rispetto al suo passato, esprime personalità propria e non le tendenze stagionali in voga. Niente rivoluzioni ma ottima musica si.
NMT
Voto: 7
TRACKLIST:

01. Done
02. N.M.E.
03. Generations
04. Rise
05. Saddest Song
06. California Burning
07. True Faith (New Order cover)
08. Let Go
09. Beautiful
10. Intro/Beautiful
11. Love To Hate