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ASHES DIVIDE
KEEP TELLING MYSELF IT'S ALRIGHT
KEEP TELLING MYSELF IT'S ALRIGHT
Più o meno tutti conoscono i Tool, molti conoscono Maynard James Keenan, in tanti quindi conosceranno gli A Perfect Circe come il principale side-project di quest’ultimo. Per formare proprio gli APC, Keenan aveva intrapreso una collaborazione con un tecnico del suono conosciuto proprio nel periodo di stanca dei Tool: tale Billy Howerdel. Billy già si dilettava a scrivere musica e fu probabilmente il vero fautore (oltre che chitarrista) degli APC. Il connubio con la mente e la personalità di Keenan scaturiva quasi naturalmente 3 mirabolanti uscite discografiche in circa 6 anni di lavoro.
Con la ripresa dei lavori targati Tool gli APC si concedono una pausa (speriamo non perpetua) e l’eclettico Keenan, che pareva concentrato sulla sua band d’origine, spreca tempo prezioso in un altro side-project denominato Puscifer il cui culmine è una strampalata raccolta di pezzi elettronici che esce col nome di V is for Vagina (è sempre così labile il confine tra genialità e pazzia…).
Howerdel rimane solo. Non ha il pedigree di Keenan ma sa scrivere musica. Si butta a capofitto in un’impresa personale che lo vedrà esibirsi come one man band.
Con queste premesse nascono gli ASHES dIVIDE e l’album d’esordio “Keep Telling Myself It’s Alright”.
In questo contesto è più facile collocare questa nuova realtà musicale di Howerdel come la naturale conseguenza delle idee personali portate avanti con gli APC. Gli ASHES dIVIDE infatti suonano proprio come gli APC epurati però della componente più esclusivamente metal sicuro retaggio dell’esperienze di Keenan. Questo non deve sminuire certo ciò che c’è di nuovo poiché saggiamente il nostro Billy non cerca di copiare il suo precedente gruppo ma esalta tutto ciò che è frutto del suo amplissimo background personale.
Sono tracce di notevole livello come il primo singolo estratto dall’album, “The Stone”, a introdurci in questa nuova realtà. Howerdel ha la certezza che il suo pubblico è educato a pane e APC, quindi abilmente mostra e non mostra tutti i punti di contatto con la sua vecchia compagine insinuando nella mente dell’ascoltatore il dubbio che è sempre stato lui la vera anima del gruppo.
È così che troviamo “Stripped Away” come opener, pezzo che avrebbe potuto tranquillamente trovare posto nel superbo “13th Step”, o la più ritmata “Enemies” con il classico incedere da “Mer de Noms”.
Ma Howerdel non si limita certo a questo, i pezzi migliori infatti sono quelli che mostrano tutto il suo malinconico e sognante estro compositivo. L’album tocca l’apice con i sussurri di “Too Late” e “Forever Can Be”, la calda passione trattenuta di “Ritual” e la rassegnata tristezza di “Sword”, pezzo in cui troviamo anche Devo Keenan a suonare il violoncello. Devo, figlio di Maynard, ha tredici anni.
Howerdel così pacato nel mostrare tutte le sui doti riesce anche a stupirci inserendo in “The Prey” un atmosfera da pop anni 80.
Billy oltre a presentarsi come polistrumentista di livello sfodera una voce non male, niente di che ma sicuramente adatta allo scopo, senza mai andare troppo in alto ma anche senza cali vistosi.
Tutto ben confezionato con una produzione degna di un tecnico del suono di alto livello quale è sempre stato.
In aggiunta piace anche il booklet formato da un solo foglio ripiegato dove ogni canzone ha per corrispettivo una frase e un disegno sul retro. Tanto per rendere ancor più intrigante l’impenetrabile intimismo che l’artista ha messo in questo lavoro.
Consiglio di consumarlo con un buon impianto, seduti comodi a luce soffusa e con un buon vino rosso barricato di alta gradazione.
Con la ripresa dei lavori targati Tool gli APC si concedono una pausa (speriamo non perpetua) e l’eclettico Keenan, che pareva concentrato sulla sua band d’origine, spreca tempo prezioso in un altro side-project denominato Puscifer il cui culmine è una strampalata raccolta di pezzi elettronici che esce col nome di V is for Vagina (è sempre così labile il confine tra genialità e pazzia…).
Howerdel rimane solo. Non ha il pedigree di Keenan ma sa scrivere musica. Si butta a capofitto in un’impresa personale che lo vedrà esibirsi come one man band.
Con queste premesse nascono gli ASHES dIVIDE e l’album d’esordio “Keep Telling Myself It’s Alright”.
In questo contesto è più facile collocare questa nuova realtà musicale di Howerdel come la naturale conseguenza delle idee personali portate avanti con gli APC. Gli ASHES dIVIDE infatti suonano proprio come gli APC epurati però della componente più esclusivamente metal sicuro retaggio dell’esperienze di Keenan. Questo non deve sminuire certo ciò che c’è di nuovo poiché saggiamente il nostro Billy non cerca di copiare il suo precedente gruppo ma esalta tutto ciò che è frutto del suo amplissimo background personale.
Sono tracce di notevole livello come il primo singolo estratto dall’album, “The Stone”, a introdurci in questa nuova realtà. Howerdel ha la certezza che il suo pubblico è educato a pane e APC, quindi abilmente mostra e non mostra tutti i punti di contatto con la sua vecchia compagine insinuando nella mente dell’ascoltatore il dubbio che è sempre stato lui la vera anima del gruppo.
È così che troviamo “Stripped Away” come opener, pezzo che avrebbe potuto tranquillamente trovare posto nel superbo “13th Step”, o la più ritmata “Enemies” con il classico incedere da “Mer de Noms”.
Ma Howerdel non si limita certo a questo, i pezzi migliori infatti sono quelli che mostrano tutto il suo malinconico e sognante estro compositivo. L’album tocca l’apice con i sussurri di “Too Late” e “Forever Can Be”, la calda passione trattenuta di “Ritual” e la rassegnata tristezza di “Sword”, pezzo in cui troviamo anche Devo Keenan a suonare il violoncello. Devo, figlio di Maynard, ha tredici anni.
Howerdel così pacato nel mostrare tutte le sui doti riesce anche a stupirci inserendo in “The Prey” un atmosfera da pop anni 80.
Billy oltre a presentarsi come polistrumentista di livello sfodera una voce non male, niente di che ma sicuramente adatta allo scopo, senza mai andare troppo in alto ma anche senza cali vistosi.
Tutto ben confezionato con una produzione degna di un tecnico del suono di alto livello quale è sempre stato.
In aggiunta piace anche il booklet formato da un solo foglio ripiegato dove ogni canzone ha per corrispettivo una frase e un disegno sul retro. Tanto per rendere ancor più intrigante l’impenetrabile intimismo che l’artista ha messo in questo lavoro.
Consiglio di consumarlo con un buon impianto, seduti comodi a luce soffusa e con un buon vino rosso barricato di alta gradazione.
NMT
Voto: 7,5
Voto: 7,5
TRACKLIST:
01. Stripped Away
02. Denial Waits
03. Too Late
04. Forever Can Be
05. Defamed
06. Enemies
07. A Wish
08. Ritual
09. The Stone
10. The Prey
11. Sword
01. Stripped Away
02. Denial Waits
03. Too Late
04. Forever Can Be
05. Defamed
06. Enemies
07. A Wish
08. Ritual
09. The Stone
10. The Prey
11. Sword