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ARMY OF ANYONE
ARMY OF ANYONE
Come nasce una superband? Nel caso degli Army Of Anyone tutto è avvenuto con naturalezza e soprattutto lontano dai clamori della cronaca: l’incontro tra Richard Patrick ed i DeLeo Bros. è capitato nell’ambito dei lavori di scrittura del quarto album dei Filter (l’atipica industrial-rock band di cui Patrick è la mente e l’anima); tale collaborazione occasionale – favorita dal comune amore sincero per il rock – è risultata talmente piacevole e stimolante da convincere presto i tre musicisti a cementare l’ottimale chimica di squadra creatasi in un nuovo progetto di ampio respiro; perfezionata la sintonia con il reclutamento del batterista Ray Luzier (professionista del drum-kit che in precedenza aveva legato il proprio nome principalmente all’ex Van Halen David Lee Roth) il supergruppo – battezzato col moniker pacifista di Army Of Anyone, “l’esercito di nessuno” – è dunque nato.
Per Dean e Robert DeLeo (rispettivamente chitarra e basso) si tratta del ritorno sulla scena musicale, scena da cui mancavano dal 2003, anno dello scioglimento degli Stone Temple Pilots e della loro assistenza in qualità di produttori al secondo cd degli Alien Ant Farm. Non si tratta però della loro prima esperienza con un vocalist diverso da Scott Weiland: nel 1997 i due fratelli “tradirono” infatti l’attuale frontman dei Velvet Revolver (allora alle prese con un cd solista e soprattutto con i notori problemi di tossicodipendenza), incidendo con un altro cantante l’omonimo disco degli effimeri Talk Show. Ad ogni modo, ascoltando “Army Of Anyone” (lavoro prodotto da Bob Ezrin e mixato da Ken Andrews dei Failure) emerge con prepotenza la voglia dei DeLeo di tornare a scrivere e a suonare il proprio rock: l’album è infatti più vicino alla produzione discografica degli Stone Temple Pilots che a quella dei Filter, con un Richard Patrick che porta in dote voce e capacità interpretativa piuttosto che gli accessori elettronici che lo contraddistinguevano fin da “Short bus” del ’95.
Pertanto – lasciata nelle buone mani dei compagni la fase musicale – Richard Patrick può concentrarsi sulla compilazione dei testi e sull’esecuzione vocale degli stessi. Ed è enorme il miglioramento così ottenuto dal Patrick cantante, rampante ed energico ma allo stesso tempo gentile, come si evince da “It doesn’t seem to matter” o da “Leave it”; il singolo “Goodbye” rileva invece l’affinità con l’ugola di Chris Cornell, con il cantante degli Army Of Anyone che fa bonariamente il verso a quello degli Audioslave. Quello degli A.O.A. è quindi un rock melodico – ma mai particolarmente “pop” o ruffiano – che bazzica sia l’hard (la zeppeliana “Generation”, “Ain’t enough”) che il blues (“A better place”, il brano scritto per i Filter di cui sopra), con puntate sul metal (la ruvida “Father figure”, unico pezzo interamente concepito da Richard Patrick) e quasi sul “crossover” alla Jane’s Addiction (“Non stop”). Se “Disappear” ricorda un po’ “Take a picture”, “Stop look and listen” propone invece il paragone – con le dovute proporzioni – con i Beatles; infine si chiude con la dolcissima acoustic-ballad “This wasn’t supposed to happen”.
“Army Of Anyone”, il frutto del provvidenziale team-up tra Filter e Stone Temple Pilots, due realtà di cui si sentiva effettivamente la mancanza, dimostra che oltre al nu-metal ed al metalcore, oltre al post-hardcore e all’indie vintage esiste un’altra dimensione alternativa: quella del rock.
Silvio52
Voto: 7
TRACKLIST:

1. It Doesn't Seem To Matter
2. Goodbye
3. Generation
4. A Better Place
5. Non Stop
6. Disappear
7. Stop Look And Listen
8. Ain't Enough
9. Father Figure
10. Leave It
11. This Wasn't Supposed To Happen