Sono aperte le iscrizioni alla nuova accademia musicale del preside Gavin Rossdale: il frontman dei grungers anglosassoni Bush – nonché attore di belle speranze e marito della cantante dei No Doubt ed ora reginetta del pop Gwen Stefani – inaugura un nuovo capitolo della propria prospera carriera fondando un progetto nuovo di zecca denominato Institute. L’organigramma dei docenti del suddetto istituto, comprende, oltre allo stesso egregio dottor Rossdale – autore sia delle parole che della musica di tutte le canzoni dell’album di esordio “Distort yourself” –, innanzitutto l’esimio Page Hamilton, cervello dei gloriosi Helmet, qui alla sua seconda prova (la prima “extra-Helmet”) come produttore, Jay Baumgardner (Papa Roach, Drowning Pool, Coal Chamber), che siede alla cattedra del mixer, Chris Traynor (nel suo curriculum brillano le militanze negli Orange 9mm e nei già citati Helmet e Bush) alla chitarra, Cache Tolman (ex Rival Schools, Iceburn e CIV) al basso e Charlie Walker alla batteria (sul disco ha però suonato un “supplente” coi fiocchi, Josh Freese degli A Perfect Circle).
Le lezioni iniziano con quello che è stato il single anticipatore dell’album, la mirabile “Bullet-proof skin”, brano che descrive e puntualizza il piano di studi, pardon, lo stile della giovane ma già esperta ed affiatata compagine: rock moderno, melodico ma corroborato da taglienti giri di chitarra, in qualche misura debitore della “dottrina grunge” degli anni ’90 (i Bush furono tra i primi gruppi a calcare le orme della scuola di Seattle) eppure indubitabilmente attuale e all’avanguardia (alcune parti elettroniche possono far pensare ai 30 Seconds To Mars più in forma). Se l’energica “When animals attack” è una vera conferenza in fatto di riff (sia di chitarra che di basso), “Come on over”, il pezzo maggiormente “alla Helmet” del disco, dimostra quanto sarebbero stati ugualmente validi ma forse più accessibili ed apprezzati questi ultimi grazie ad un’ugola più fine e pulita di quella dell’abrasivo Hamilton. La seguente “Information age” celebra il festival delle sei corde, di cui è gran cerimoniere il bravissimo Chris Traynor, mentre “Wasteland” è una semi-ballata passionale e dal bel chorus in levare. Il programma prosegue con la sesta traccia, “Boom box”, la quale continua il trend dell’estroverso e disinvolto modern-rock battezzato dall’opener, con “Seventh wave”, che onora piacevolmente i trascorsi “anni ‘90” dei componenti della band con una strofa alla “Meantime” (capolavoro degli Helmet datato 1992… anno in cui Traynor muoveva i primi passi con gli Orange 9mm, sia chiaro) ed un ritornello catchy memore del grunge “radiofonico” dei Bush e con l’ultronea “The heat of your love” (una ripetizione poco giovevole a fronte di brani più esaurienti e riusciti). Dopo la ballad “Ambulances”, che merita la lode per l’eminente arrangiamento (che coinvolge piano ed archi) e per il notevole climax del proprio bridge, si passa alla modesta “Secrets and lies” (outtake di “The science of things” dei Bush?)… ma la media è risollevata prontamente dalla bella “Mountains”, dal lentone “Save the robots” (emblematico dei testi criptici – “Salvare i robot”?! –, singolari ed interessanti del prof. Rossdale) e dalla bonus-track “The buzz of my system”.
“Distort yourself” si attesta come uno dei più efficaci dischi di alternative-rock del 2005, intelligente, brillante, meticoloso e ben suonato: bacio accademico per la “strana coppia” Rossdale-Hamilton, la quale verosimilmente si auspica – sulle base di questo ragguardevole trampolino di lancio – che i neonati Institute possano presto diventare un’istituzione riconosciuta ed affermata.