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HED p.e.
ONLY IN AMERICA
Gli (hed)p.e. sono da sempre considerati tra i maggiori (e migliori) esponenti del rap-metal da strada e anche stavolta hanno cercato di tenere fede alle proprie radici aggiungendo quel 'fuckin hardcore' tanto palesato dal frontman Jahred durante il processo di realizzazione.
Lo split dalla loro storica casa discografica Jive, l'addio di alcuni membri, l'approdo ad una etichetta indie (la Koch) hanno certamente abbassato, oltre al budget stanziato, l'ansia dell'attesa da parte dei fans; a proposito, da quest'album in poi per riferirvi a questa band dovete togliere le parentesi dal nome e chiamarli HED p.e. (un pò come tentò di fare Fred Durst cambiando Limp Bizkit in limpbizkit).
L'intro hip-hop di "Foreplay", nel quale spadroneggiano parole come 'motherfucker' e 'pussy' (una risonanza che si ripeterà per l'interezza del disco), ci apre la strada al primo singolo "Represent" ma il breve inizio hardcore non deve trarre in inganno: questa è una tipica canzone (hed)p.e. (da notare le parentesi), classico rap-metal di buona fattura che avrebbe le credenzialità per diventare un buon tormentone nelle serate dei locali. Ritmiche più tirate sono invece la caratteristica principale della successiva "The Truth", ma proprio mentre potreste adeguarvi alla canzone scatenando la violenza intrisa nei vostri tessuti organici arriva "Wake Up", un incrocio tra Eminem, Cypress Hill e Clawfinger; "War" rialza il tono hardcore della discussione, "The Box" la riporta in carreggiata rap-metal e l'alternanza di sonorità si ripete ancora con "CBC" e "Voices"; "Raise Hell", inizialmente scelta come title-track, è caratterizzata dalla ossessiva ripetizione del termine 'bitch' utilizzato praticamente in tutte le canzoni come se fosse il reale filo logico seguito dal disco (il che, lasciatemelo dire, non è una gran cosa). "Amerikan Beauty" è un'altra traccia tipicamente (hed)p.e., nella quale strofe venate hip-hop in concomitanza con una voce femminile sfumano in ritornelli decisamente più rockeggianti; "Chicken" e "Daydreams" hanno un DNA fortemente punk-rock, virando poi nel punk-hardcore della brevissima "Not Ded Yet"; chiude il disco una 'ghost track' puramente hip-hop.
Il vocalist Jahred punta deciso a stabilire un nuovo record: infilare una imprecazione dopo l'altra ('bitch', 'fuck', 'shit', 'ass', 'motherfucker') cercando di riempire più spazi possibile in ogni singola canzone. Tutto ciò va ineluttabilmente a sminuire il valore del disco: non certo da un punto di vista da bacchettone ultraconservatore che cerca di epurare i rockers maledetti, ma per motivi di fastidio sonoro, di banalità, di infantilismo; gli (hed)p.e. sono sempre stati fra i migliori a miscelare rap e metal, hanno realizzato album di pregevole fattura e sono riusciti a guadagnarsi un onorevole posto nelle opinioni di tutti i seguaci di questo filone musicale, non hanno certo bisogno di infarcire le proprie canzoni di provocatorie parolacce senza senso. Persino Fred Durst ha deciso di diminuire considerevolmente i suoi tipici 'fuck'!
Insomma un 'esordio' così così per i nuovi (hed)p.e....ehm scusate, volevo dire HED p.e., sicuramente non completamente da buttare perchè alcune cose buone ci sono, ma personalmente mi aspettavo qualcosa di meglio.
Tempo
Voto: 5
TRACKLIST:

01. Foreplay
02. Represent
03. The Truth
04. Wake Up
05. War
06. The Box
07. CBC
08. Voices
09. Raise Hell
10. Amerikan Beauty
11. Chicken
12. Daydreams
13. Not Ded Yet