Papa Roach, alzi la mano chi non ha mai sentito questo nome; li potete amare e li potete odiare, ma di certo è innegabile che la band capitanata da Jacoby Shaddix sia tra le più conosciute ed al contempo discusse icone del crossover da centro commerciale, un genere che negli States gira nell'etere radiofonico praticamente con la stessa frequenza che costringe invece noi poveri italiani a sorbirci gli squallidi pop-tormentoni settimanali, che siano i Gazosa, gli Aventura o peggio ancora Eiffel 65 ed affini. Anche se odiate i Papa Roach non potete certo negare che sotto questo aspetto gli americani siano più fortunati.
Pur non avendo l'album d'esordio "Infest" (triplo disco di platino) probabilmente tutti conosciamo la superhit "Last Resort", tormentone puntualmente presente nella tracklist delle serate dei locali rock e perfetto emblema del lato più semplice ed orecchiabile (e più facilmente vendibile) del minestrone crossover/nu-metal, un lato spesso disdegnato dagli pseudo-alternativi afflitti da eccessiva masturbazione mentale con la flebile e per certi versi ridicola giustificazione della troppa commercialità ed orecchiabilità; i Papa Roach sicuramente possono non piacere, sicuramente non parliamo di una band che entrerà nella leggenda, sicuramente non stanno nell'Olimpo assieme ai Korn o agli Slipknot, ma se non ve li fate piacere a priori solo ed unicamente perchè "sono commerciali" e se vivete nel terrore che un eventuale vostro apprezzamento nei loro confronti possa far scemare la vostra cultura musicale allo stesso livello di un 12enne inesperto allora qualche problema lo avete davvero.
Seghe mentali a parte, la band californiana era chiamata quasi a riscattarsi dopo il criticato (forse più per moda che per motivazioni plausibili, stesso discorso di "Untouchables" dei Korn massacrato ingiustamente) "Lovehatetragedy" di due anni fa, certo non un capolavoro ma nemmeno meritevole della marea di "pollici versi" nella quale Jacoby e soci hanno rischiato di affogare, salvo poi decidere di continuare a nuotare per dimostrare al mondo che "Infest" non è stato un fuoco di paglia e che si sarebbe potuto e dovuto dare di più; eccoli quindi presenti nella collezione autunno/inverno 2004 con questo "Getting away With Murder" (inizialmente denominato "Dancing In The Ashes"), le cui 12 canzoni sono state prodotte da Howard Benson (Cold, Blindside, Sepultura, P.O.D.) e mixate da Chris Lord-Alge, il quale a sua volta può vantare nel proprio curriculum collaborazioni con Bad Religion, Glassjaw, Green Day, P.O.D. e Stone Temple Pilots.
L'ottima apertura "Blood" si presenta in tipico stile Papa Roach, ma più avanti ci si accorgerà di un preciso cambiamento sonoro; la componente rap viene infatti progressivamente limitata al minimo indispensabile con lo scopo di focalizzare meglio le proprie attenzioni verso un uso semplicemente più lineare e melodico delle indiscusse qualità vocali di Shaddix, messe in mostra soprattutto in "Take Me", "Scars", "Done With You" e "Tyranny Of Normality". Dovendo elencare le canzoni migliori sceglierei la già citata "Take Me", la title-track "Getting Away With Murder" e la traccia di chiusura "Do Or Die", anche se "Blood", "Stop Looking Start Seeing" e "Tyranny Of Normality" non hanno nulla da invidiare alle mie 'prescelte'.
In chiusura una citazione particolare per il concerto tenutosi ieri sera presso il Transilvania di Milano: ottimo live, suoni ben fatti, Shaddix ha dimostrato di avere realmente una gran voce non deludendo affatto anzi, sorprendendomi piacevolmente al contrario di altri colleghi (mi vengono in mente i Lostprophets) e soprattutto dimostrando di avere buon carisma sul palco capace di creare una coinvolgente interazione con il pubblico dall'inizio alla fine, cosa importantissima che purtroppo come tutti sappiamo non si vede spesso dalle nostre parti.