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FLAW
ENDANGERED SPECIES
ENDANGERED SPECIES
I Flaw si riaffacciano sul mercato discografico con un chitarrista in meno ed un nuovo batterista e presentano al pubblico la loro seconda fatica, prodotta e mixata dal bravo David Bottrill, “Endangered species”; facile associare questo titolo sibillino alla selezione naturale in atto nella scena nu-metal, che dopo i fasti luculliani delle stagioni passate, è ora in fase di progressivo ridimensionamento: il pericolo dell’estinzione della specie scatena la legge del più forte (“Only the strong survive”, profetizzavano non a caso i Flaw nel 2001…) e laddove prima vigeva una tranquilla libera concorrenza musicale, si profila ora il consolidamento di un oligopolio costituito dagli esponenti migliori del nuovo metallo…
La lotta per la sopravvivenza dei Flaw si apre con il singhiozzante riff di chitarra di “Medicate”, ideale accompagnamento del tedioso testo redatto dal frontman Chris Volz; a quest’opener grintosa segue la traccia che dà il titolo al disco, disperato appello (in cui le note tintinnate di un piano danzano tra le mitragliate delle chitarre) intonato dalla voce nasale, inelegante ma senz’altro particolare del cantante dei Flaw, vocalist che ricordavamo capace di digressioni rappate e di frequenti sussulti di pura aggressività: su questo disco, Chris Volz sceglie invece di prediligere le clean vocals, che si adattano perfettamente all’armoniosità del singolo “Recognize” (praticamente un post scriptum della “My letter” di “Through the eyes”) e della blanda “Wait for me”, un lento pop-rock imbottito di archi e di chitarre acustiche… L’intro schitarrato di “Many faces” sembrerebbe promettere un ritorno in auge di sonorità più rockeggianti, ma un ritornello eccessivamente cristallino (nonché poco convincente) gambizza la crescente voglia di head-banging dell’ascoltatore. Sezione ritmica sugli scudi con “All the worst”: una corposa linea di basso ed il lavoro dietro piatti e tamburi del nuovo acquisto Micah Havertape sopperiscono alla prova vocale quasi incolore di Chris Volz, che finalmente ripresenta il suo cantato più “cattivo” e duro in occasione della potente “You’ve changed”. Si procede con il ritmo cadenzato dell’ordinaria “Turn the tables”, episodio che risulta tutto sommato decisamente anonimo. La ballata grungeggiante “Worlds divide”, il cui piatto forte è ancora costituito da violini, viola e chitarra unplugged, subisce una vitalizzante scossa nel ritornello; sorte simile per la successiva “Decide”, ai cui archi questa volta si aggiungono le tastiere e che riserva il momento più vivace (dopo l’ennesima sciorinata melodica) nel finale, letteralmente in crescendo. Decisamente meglio il passaggio conclusivo rappresentato da “Final cry” in cui, all’ormai assodata impronta melodica, il quartetto del Kentucky riesce ad addizionare sprazzi violenti (alla Mudvayne) a quell’infarinatura tooliana che contraddistingueva il loro stile originario… ma ancora non è abbastanza, ed ecco quindi “Not enough”, che tenta di chiudere in bellezza con un bel piano ed un accento epico che convince solo a metà.
Purtroppo “Endagered species” troppo spesso dà l’impressione di privilegiare la forma rispetto alla sostanza: impeccabile la produzione, egregi gli arrangiamenti… ciò che viene a mancare (a causa dell’allontanamento dell’ex lead guitar Jason Daunt?) è quella scintilla di creatività ed originalità necessaria a dare freschezza ai singoli brani e ad evitare la ripetitività del lavoro nel suo insieme; se a ciò aggiungiamo un esagerato calo di intensità ed energia rispetto al primo album, il guaio è compiuto. Sullo sfondo della letale selva del nu-metal, nubi minacciose si addensano sul futuro dei Flaw, costretti ora a guardarsi le spalle: le prossime vittime della caccia mortale per la permanenza in vita potrebbero essere proprio loro.
La lotta per la sopravvivenza dei Flaw si apre con il singhiozzante riff di chitarra di “Medicate”, ideale accompagnamento del tedioso testo redatto dal frontman Chris Volz; a quest’opener grintosa segue la traccia che dà il titolo al disco, disperato appello (in cui le note tintinnate di un piano danzano tra le mitragliate delle chitarre) intonato dalla voce nasale, inelegante ma senz’altro particolare del cantante dei Flaw, vocalist che ricordavamo capace di digressioni rappate e di frequenti sussulti di pura aggressività: su questo disco, Chris Volz sceglie invece di prediligere le clean vocals, che si adattano perfettamente all’armoniosità del singolo “Recognize” (praticamente un post scriptum della “My letter” di “Through the eyes”) e della blanda “Wait for me”, un lento pop-rock imbottito di archi e di chitarre acustiche… L’intro schitarrato di “Many faces” sembrerebbe promettere un ritorno in auge di sonorità più rockeggianti, ma un ritornello eccessivamente cristallino (nonché poco convincente) gambizza la crescente voglia di head-banging dell’ascoltatore. Sezione ritmica sugli scudi con “All the worst”: una corposa linea di basso ed il lavoro dietro piatti e tamburi del nuovo acquisto Micah Havertape sopperiscono alla prova vocale quasi incolore di Chris Volz, che finalmente ripresenta il suo cantato più “cattivo” e duro in occasione della potente “You’ve changed”. Si procede con il ritmo cadenzato dell’ordinaria “Turn the tables”, episodio che risulta tutto sommato decisamente anonimo. La ballata grungeggiante “Worlds divide”, il cui piatto forte è ancora costituito da violini, viola e chitarra unplugged, subisce una vitalizzante scossa nel ritornello; sorte simile per la successiva “Decide”, ai cui archi questa volta si aggiungono le tastiere e che riserva il momento più vivace (dopo l’ennesima sciorinata melodica) nel finale, letteralmente in crescendo. Decisamente meglio il passaggio conclusivo rappresentato da “Final cry” in cui, all’ormai assodata impronta melodica, il quartetto del Kentucky riesce ad addizionare sprazzi violenti (alla Mudvayne) a quell’infarinatura tooliana che contraddistingueva il loro stile originario… ma ancora non è abbastanza, ed ecco quindi “Not enough”, che tenta di chiudere in bellezza con un bel piano ed un accento epico che convince solo a metà.
Purtroppo “Endagered species” troppo spesso dà l’impressione di privilegiare la forma rispetto alla sostanza: impeccabile la produzione, egregi gli arrangiamenti… ciò che viene a mancare (a causa dell’allontanamento dell’ex lead guitar Jason Daunt?) è quella scintilla di creatività ed originalità necessaria a dare freschezza ai singoli brani e ad evitare la ripetitività del lavoro nel suo insieme; se a ciò aggiungiamo un esagerato calo di intensità ed energia rispetto al primo album, il guaio è compiuto. Sullo sfondo della letale selva del nu-metal, nubi minacciose si addensano sul futuro dei Flaw, costretti ora a guardarsi le spalle: le prossime vittime della caccia mortale per la permanenza in vita potrebbero essere proprio loro.
Silvio52
Voto: 5,5
Voto: 5,5
TRACKLIST:
1. Medicate
2. Endangered Species
3. Recognize
4. Wait For Me
5. Many Faces
6. All The Worst
7. You've Changed
8. Turn The Tables
9. Worlds Divide
10. Decide
11. Final cry
12. Not Enough
1. Medicate
2. Endangered Species
3. Recognize
4. Wait For Me
5. Many Faces
6. All The Worst
7. You've Changed
8. Turn The Tables
9. Worlds Divide
10. Decide
11. Final cry
12. Not Enough