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ALIEN ANT FARM
UP IN THE ATTIC
UP IN THE ATTIC
La vita in una “music farm” è proprio dura, altro che comodità da reality show! La fattoria musicale in questione è quella degli zelanti Alien Ant Farm e l’annus horribilis, per i quattro poveri agricoltori californiani, è stato il 2005… e dire che la primavera era iniziata sotto i migliori auspici, coi lavori di scrittura e registrazione del nuovo disco che procedevano a gonfie vele anche grazie alla preziosa collaborazione del produttore Jim Wirt (responsabile tra l’altro del capolavoro degli Incubus “S.C.I.E.N.C.E.”, ma anche del disco omonimo degli Hoobastank e di vari altri lavori di artisti quali 24-7 Spyz, Forty Foot Echo e Letter Kills)… ma poi è arrivata l’inattesa doccia fredda: per mesi e mesi la band viene infatti tenuta letteralmente in ostaggio – in una commedia degli orrori e degli equivoci – dai dirigenti della propria casa discografica, la guastafeste Geffen Records, sorta di girone dantesco in cui gli AAF si sono ritrovati in seguito all’acquisto della DreamWorks da parte dello Universal Music Group… La mega-ditta multinazionale sottopone gli “Allevatori di Formiche Aliene” ad una serie di soprusi fantozziani, impedendo l’uscita nei negozi del cd già pronto e negando ai diretti interessati ogni spiraglio di liberarsi dal contratto al quale sono vincolati. La scappatoia viene infine fornita dalla New Door Records, infinitesimale sottomarchio della Universal: “Up in the attic” (il riferimento alla soffitta ed alle cianfrusaglie che vi vengono riposte è senza dubbio sardonico) esce infine a metà 2006… ma gli Alien Ant Farm cadono dalla padella alla brace, poiché al disco non viene fornito il minimo supporto promozionale, niente singolo, niente tour e flop assicurato.
Inutile cercare di congetturare le motivazioni di questo spregevole episodio di mobbing discografico, meglio passare all’ascolto del cd: suona subito la sveglia di “Bad morning”, brano deciso che descrive una metaforica mattinaccia e che tiene il passo del modern-rock alla Papa Roach di “What I feel is mine”; con “Forgive & forget” si parla invece di power-pop-punk laddove per la grillante “Crickets” sarà meglio chiamare in causa i nomi di Blur e Weezer. Il pop-rock si tinge blandamente di vintage su “Supreme lifestyles” (coretti mugugnati e chitarra unplugged – a proposito, è cambiato il chitarrista: Terry Corso è andato nei Powerman 5000 e qui troviamo Joe Hill, proveniente dai metallari Spiderworks) ma pure i mid-tempo hard-rock di “Around the block” e “Getting closet” hanno qualcosa del periodo ’80 degli Aerosmith. In pezzi come “Consti2tion”, “She’s only evil” e “Lord knows” c’è pure posto per sufficienti note di creatività: nella prima bastano degli sprizzi reggae-dub a dare una spinta positiva, la seconda gioca con percussioni e keyboards mentre la terza è ravvivata da un trio di fiati (sax, tromba e trombone), un tocco swing che non guasta. Purtroppo la permanenza forzata in solaio ha depositato uno strato di polvere su alcune canzoni, che risultando un po’ appannate: gli archi di “Sleepwalker” sono la solita solfa, “It could happen” non è senza infamia e senza lode così come l’inconcludente “State of emergency”… ah, e non aspettatevi prosperose sonorità “latin” dal pezzo intitolato “San Sebastian”.
Mancanza di stimoli, prudenza, “ruggine”… le cause del cattivo rendimento degli Alien Ant Farm (che venivano dalla buona prova di “truANT”) possono essere molteplici e la bocciatura di “Up in the attic” è ineluttabile… tutto demerito della banda di Dryden Mitchell? O che questa volta i colpevoli abbiano connotati più… “universali”?
Inutile cercare di congetturare le motivazioni di questo spregevole episodio di mobbing discografico, meglio passare all’ascolto del cd: suona subito la sveglia di “Bad morning”, brano deciso che descrive una metaforica mattinaccia e che tiene il passo del modern-rock alla Papa Roach di “What I feel is mine”; con “Forgive & forget” si parla invece di power-pop-punk laddove per la grillante “Crickets” sarà meglio chiamare in causa i nomi di Blur e Weezer. Il pop-rock si tinge blandamente di vintage su “Supreme lifestyles” (coretti mugugnati e chitarra unplugged – a proposito, è cambiato il chitarrista: Terry Corso è andato nei Powerman 5000 e qui troviamo Joe Hill, proveniente dai metallari Spiderworks) ma pure i mid-tempo hard-rock di “Around the block” e “Getting closet” hanno qualcosa del periodo ’80 degli Aerosmith. In pezzi come “Consti2tion”, “She’s only evil” e “Lord knows” c’è pure posto per sufficienti note di creatività: nella prima bastano degli sprizzi reggae-dub a dare una spinta positiva, la seconda gioca con percussioni e keyboards mentre la terza è ravvivata da un trio di fiati (sax, tromba e trombone), un tocco swing che non guasta. Purtroppo la permanenza forzata in solaio ha depositato uno strato di polvere su alcune canzoni, che risultando un po’ appannate: gli archi di “Sleepwalker” sono la solita solfa, “It could happen” non è senza infamia e senza lode così come l’inconcludente “State of emergency”… ah, e non aspettatevi prosperose sonorità “latin” dal pezzo intitolato “San Sebastian”.
Mancanza di stimoli, prudenza, “ruggine”… le cause del cattivo rendimento degli Alien Ant Farm (che venivano dalla buona prova di “truANT”) possono essere molteplici e la bocciatura di “Up in the attic” è ineluttabile… tutto demerito della banda di Dryden Mitchell? O che questa volta i colpevoli abbiano connotati più… “universali”?
Silvio52
Voto: 5,5
Voto: 5,5
TRACKLIST:
1. Bad Morning
2. Forgive & Forget
3. What I Feel Is Mine
4. It Could Happen
5. Around The Block
6. San Sebastian
7. Lord Knows
8. Getting Closer
9. Crickets
10. Supreme Lifestyle
11. Consti2tion
12. State of Emergency
13. Sleepwalker
14. She's Only Evil
1. Bad Morning
2. Forgive & Forget
3. What I Feel Is Mine
4. It Could Happen
5. Around The Block
6. San Sebastian
7. Lord Knows
8. Getting Closer
9. Crickets
10. Supreme Lifestyle
11. Consti2tion
12. State of Emergency
13. Sleepwalker
14. She's Only Evil