Tornano a due anni di distanza dal dicreto "Healing" gli Unloco. Il gruppo texano, capitanato dal cantante Joey Duenas, riuscì nel 2000 ad ottenere un contratto con la Maverick grazie alla consegna, durante un concerto, del proprio demo a Charlie Paulson, chitarrista dei Goldfinger.
Si parte con "Crashing" che mette subito in mostra quello che è il sound del gruppo: chitarroni pesanti e tipica ritmica crossover accompagnati dalla piacevole voce di Duenas. Il singolone "Failure" suona molto commerciale: gli Staind fanno da punto di riferimento viste le atmosfere tristi e malinconiche. "Hands and knees" finalmente aggiunge un po' di mostarda grazie ad ottimi riff aggressivi al punto giusto. "Empty" inizia come qualcosa di già sentito per poi proseguire in maniera molto scontata e banale. "Bruises" è il pezzo a mio avviso migliore dell'album: un ritornello cazzuto (lasciatemi passare questo termine) che si incastona con aperture a volte melodiche a volte alla Ill Nino per intenderci. Al contrario "Drowing in it" non ci regala emozioni cercando invano di fare il verso agli Incubus dei bei tempi; "Watching me slip" è un'altra ballatona strappalacrime anche se ben fatta. "Becoming I", pezzo omonimo che da il titolo all'album, è una song nu-grunge dai toni latini, mentre "Fold" dopo un buon inizio scade nel solito ritornello strasentito. Dopo l'inutile "Neurotic" arriviamo finalmente all'altro pezzo che potrebbe dare un senso all'acquisto di questo album, "Making me hate you": qui Duenas riesce bene nel tentativo di imitare mostri sacri come Jonathan Davis e Max Cavalera. "Becoming I" finisce come da copione con l'ennesima ballatona "Texas".
Rimango piuttosto perplesso davanti a questa seconda prova degli Unloco: un gruppo che avrebbe i mezzi per dire la sua nell'immenso panorama crossover/nu-metal ma che invece preferisce fare il verso a gente che fa soldi a palate riciclando quello che agli inizi degli anni 90 in una certa cittadina di nome Seattle era chiamato "grunge"…