Fin dalla prima traccia gli Hell is for Heroes, grande speranza del rock inglese, ci tengono a sottolineare il fatto di non essere l’ennesima proposta nu-metal dedita alla saturazione del mercato discografico: “Five kids go” e i cinque ragazzi britannici iniziano a deliziarci col loro smaliziato emo tutto potenti riff e condito da sporadici e ben dosati inserti elettronici e da tanto sudore e passione. “Out of sight” sposa l’attitudine hardcore della band a un ritornello deftonsiano e con “Night vision” e “Cut down” si mette sul piedistallo una delle carte vincenti degli HIFH: la melodicità, unita alla linearità della costruzione delle canzoni, una ricetta che va a creare piccoli gioielli dal subitaneo impatto. Difficile davvero scegliere la canzone top di questo disco: si candidano però prepotentemente “Few against many”, emozione pura che chiama alla mente i migliori Muse e i p iù che azzeccati singoli “I can climb mountains”, esplosiva scalata sonora e “You drove me to it”, tre minuti che rasentano la perfezione musicale. L’andamento è smorzato leggermente dalla relativa pacatezza di pezzi come “Three of clubs”, la profetica “Slow song” e “Disconnector”, ma attenzione a non rilassarsi troppo, perché Justin Schlosberg e compagni ci tengono a schiacciare l’acceleratore appena possibile, sorprendendoci con virate al limite del punk a garanzia del pogo. In chiusura troviamo la trascinante “Sick/happy”, rabbiosa love song ed ulteriore asso nella manica nella conquista di nuovi fan e la semi-ballata “Retreat”, la “ritirata” di questo luminoso “The neon handshake”, disco quasi interamente registrato in Svezia e prodotto da Pelle Henricsson e Eskil Lovstrom, artefici del successo dei The Hives, che ci fa conoscere un gruppo capace davvero di stupire con ardore, talento e ispiratissima semplicità: gli Hell is for Heroes, con il loro appetibilissimo stile che oserei definire nu-emo!