Premetto subito che questa recensione non riuscirà a descrivere in maniera soddisfacente la poesia, la bellezza e la maestosità di "El cielo", seconda prova dei misteriosi Dredg. Come ogni grande gruppo che si rispetti non si può certo dire che i suddetti appartengano ad un determinato genere; e ciò va sicuramente a loro merito. Si apre con l'incantevole "Same ol' road" e la splendida "Sanzen" che subito danno un idea: sembra proprio di volare liberi nell'immensità del cielo. "A" inizia con lo scricchiolare di una porta che si apre per poi svilupparsi e poi fermarsi ancora, per ripartire di nuovo. "Sorry but it's over" è una delle canzoni più "tradizionali", mentre "Convalescent" ha un'andatura che mi ricorda la mitica "Roxanne" dei Police. "Eighteen people living in harmony" trasmette un senso di angoscia non indifferente, anche se poi nel ritornello si torna in cielo. All'inizio di "Scissor lock" sembra di sentire il grande Dave Gahan dei Depeche Mode che si destreggia in raffinati arpeggi di chitarra. "Of the room" è un'altra piccola perla che si avvicina in certe parti al mondo crossover, così come "It only took a day". L'album si conclude con la jazzata "Whoa is me" e l'indescrivibile, data la sua bellezza "Canyon behind her". A questo punto si può tornare sulla terra. "El cielo" è uno di quegli album che tutti dovrebbero avere, non possederlo equivale a commettere un crimine; come già detto l'unico modo per apprezzarlo e sentirlo e lasciarsi trascinare nel dolce e poetico cielo che i Dredg sono riusciti a creare. Da avere.