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INCUBUS
8

Gli Incubus di Brandon Boyd giungono all'importante traguardo dell'ottavo album e per l'occassione si affidano al neo produttotre Skrillex (si...quello con gli occhialoni tondi che fa dubstep e con un passato nei From First To Last). Dopo le eccessive dosi di camomilla rifilateci dall'ultimo "If Not Now, When?" del 2011, la band americana ha intrapreso un percorso di recupero delle vecchie sonorità heavy rock funkeggianti (se non adesso, quando?), iniziato con l'EP "Trust Fall (Side A)" di un paio di anni fa e portato avanti dal qui presente "8" che tutto sommato non parte male, con quattro canzoni ("No Fun", il singolo "Nimble Bastard", "State Of The Art" e "Glitterbomb") che ci riportano in piena o quasi era "Morning View", ma il limite/pregio di questa prima parte di disco è proprio questa: canzoni carine che ammiccano al passato ma che risultano un po' troppo scontate. Fa comunque piacere risentire la chitarra di Mike Einzinger graffiare almeno un po'. Poi arrivano le note dolenti, perchè sale in cattedra la produzione di Skrillex che va a snaturare un po’ troppo il sound della band. "Undefeated" è un rock alternativo (un po' grunge e un po' pop rock) molto intimo che con quella chitarra distorta in sottofondo ricorda alcune cose dei Pixies. L'intimità prosegue con la successiva "Loneliest", una industrial ballad che riprende pari pari le sonorità dei Puscifer di Maynard James Keenan. "Familar Faces" è un brano riempitivo senza infamia nè lode che pare preso da avanzi di "A Crow Left Of The Murder" o "Light Grenades". Un vecchio modem 56k ci collega a "Love In A Time Of Surveillance" che ci risveglia dal torpore procurato dagli episodi precedenti con un bel riff di scuola Rage Against The Machine (Battle Of Los Angeles) salvo poi svilupparsi ancora una volta in un brano rock piuttosto piatto che tenta di fare il verso ai Muse, non riuscendoci. In chiusura arriva quello che forse è il miglior episodio del disco, infatti, in "Throw Out The Map" troviamo il riff più heavy degli Incubus dai tempi di "Make Yourself" e si respira veramente un'aria old school che farà contenti tutti quelli che hanno conosciuto la band sul finire degli anni novanta. Purtroppo questo gol segnato al novantesimo non salva "8" da una certa sensazione di incompiutezza. Dopo sei anni di assenza siamo sicuri che non si potesse produrre qualcosa di più di un album composto da nove canzoni più due intermezzi? Perchè non si è posticipata l'uscita del disco per inserire, ad esempio, la collaborazione con Chino Moreno dei Deftones (che a questo punto spero comparirà prima o poi in qualche versione deluxe)? Tutto sommato, vista la qualità di "8", avrei preferito un "Trust Fall (side B)" con una produzione molto più curata e adatta allo stile della band. La voce di Boyd è sempre bella, la chitarra di Mike è tornata in parte a farsi sentire ma andare oltre ad una sufficienza stiracchiata, per "8", è veramente difficile. 

UnderD
Voto: 6
TRACKLIST:

  1. No fun
  2. Nimble bastard
  3. State of the art
  4. Glitterbomb
  5. Undefeated
  6. Loneliest
  7. When i became a man
  8. Familar faces
  9. Love in a time of surveillance
  10. Make no sound in the digital forest
  11. Throw out the map