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Dead To The World
Caro Page Hamilton, i bei tempi sono andati e ti ostini a non volerlo capire. La parabola discendente degli Helmet iniziata con il trittico "Size Matters", "Monochrme" e "Seeing Eye Dog" prosegue inesorabile anche con il nuovo "Dead To The World" che continua, anche se con molta meno ispirazione, quel percorso meno duro e più melodico iniziato con il lontano "Afterstate" del 1997. Undici brani che nella migliore delle ipotesi riescono solo a sembrare delle copie sbiadite, anzi, sbiaditissime degli Helmet di vent'anni fa, come nei casi di "Red Scare" e "Die Alone" che tentano di non naufragare nella pochezza generale grazie ai soliti riffoni e melodie scuola Helmet. Quando il disco devia su interessanti territori alternative rock un po' Pumpkins (mi riferisco al brano "I Love My Guru") ci pensano gli inascoltabili vocalizzi di Hamilton a rovinare il tutto (veramente odiosi gli oh-oh-oh di questo brano). Gli Helmet dinamitardi, groove e post-hardcore di "Strap It On", "Meantime" e "Betty", che hanno fatto scuola a metà delle band alternative metal degli anni novanta, sono un ricordo lontanissimo, così come anche la line up di quei fortunati giorni. Dispiace doverlo dire ma l'agonia continua.
Voto: 4,5
Life or death
I love my guru
Bad news
Red scare
Dead to the world
Green shirt (Elvis Costello cover)
Expect the world
Die alone
Drunk in the afternoon
Look alive
Life or death (Slow)