Dopo la "scampagnata" con i suoi vecchi compagni dei Coal Chamber, l'italoamericano Dez Fafara ritira fuori dal garage i suoi (e sottolineo suoi) Devildriver in pausa dal tardo 2013. Una spolverata, alcuni aggiustamenti nella line up ed ecco che la macchina Devildriver è pronta a far rombare di nuovo il proprio motore. La band ha visto l'uscita di Jeff Kendrick e John Boecklin e l'ingresso del chitarrista ex-Unkle Cracker Neal Tiemann, del batterista ex-Chimaira Austin D'Amond e del bassista ex- Bury Your Dead Chris Towning. I nuovi musicisti impegnati su "Trust No One" , questo il titolo del nuovo disco, permettono alla band americana di ritrovare quello smalto e quella freschezza risultati in calo dopo i non troppo convincenti "Beast" del 2011 e "Winter Killers" del 2013. Non si avvertono particolari cambi stilistici o soluzioni innovative, semplicemente i Devildriver riscoprono la parte migliore di loro stessi, quella dell’omonimo disco di esordio e del successivo "The Fury Of Our Maker's Hand". Il groove metal ed il melodic death viaggiano armoniosamente in coppia come un tempo, così come i guitar solo di chiara matrice Pantera ed In Flames, il tutto sovrastato dalla brutalità lacerante delle liriche di Dez che continua a spadroneggiare come se gli anni non passassero mai. "Testimony of truth", "My night sky", "Daybreak" e la titletrack "Trust no one" possono essere citati come i migliori (o forse più immediati) episodi di un album che suona feroce, compatto e con qualche sfumatura dark per tutta la sua durata. In un solo colpo Dez Fafara riesce a farsi perdonare le sue ultime tre uscite discografiche non troppo esaltanti (mettiamoci dentro anche "Rivals" dei Coal Chamber) e a ridare forza e vigore ad una realtà divenuta con gli anni un punto di riferimento sia per il movimento alternative,  sia per quello metalcore pur non facendo parte di nessuno dei due schieramenti.