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GORE
Sulla copertina di “Gore”, l’ottavo studio album dei Deftones, è rappresentato uno stormo di fenicotteri in migrazione, immagine che rappresenta al meglio l'attuale musica della band di Chino Moreno & Co., in "migrazione" verso i lidi più caldi e sicuri del rock. Perchè i Deftones del 2016 sono una band di quarantenni che non deve dimostrare più niente a nessuno ma che ha ancora tanta voglia di stupire concedemdosi il lusso di sperimentare finalmente un sound profondamente rinnovato, più rock, tentando di ripetere l'esperimento in parte fallito con "Saturday Night Wrist". Il disco si apre con il singolo "Prayers/Triangles" in cui troviamo dei Deftones a cavallo tra le sonorità di Saturday Night Wrist e Diamond Eyes, non il solito attacco frontale d'apertura dunque, ma tre minuti e mezzo di melodie avvolgenti e romantiche sostenute dal riffing di Stephen Carpenter che pare a proprio agio anche a marce ridotte. Nella successiva "Acid Hologram" cominciano a farsi strada le vere novità della band. I riff di Carpenter diventano più dilatati, quasi doom, come se il medico gli avesse prescritto una mezza pasticca di Tony Iommi e paiono cullare la voce di un Moreno entrato in modalità Crosses/Palms (due side project di Chino) con forti richiami alla dark new wave anni ottanta. Con "Doomed User" torniamo sul classico rispolverando i riff heavy e lo screamo di Adrenaline uniti alle melodie di Diamond Eyes. "Geometric Headdress" è uno dei picchi massimi di questo Gore, grazie alle bellissime melodie sognanti di Moreno leggermente sporcate da accenni di screamo, accompagnate da un sound che a ricorda gli Smashing Pumpkins di Mellon Collie And The Infinite Sadness che ritroveremo in altri brani di questo disco. Si lascia un picco per trovarne un altro in "Hearts / Wires", dove torna a fare capolino il connubio tra riff doom e melodie new wave, il tutto avvolto in un'atmosfera carica di sensualità. Come anticipato, i Pumpkins paiono aver avuto una grande influenza su questo nuovo disco dei Deftones e così rieccoli in "Pittura Infamante" (sì, c'è anche un omaggio al nostro paese), dove in alcuni frangenti la chitarra pare essere proprio quella di Corgan, in "Xenon" (idem come sopra) e in "(L)MIRL". Nella titletrack "Gore" il sound si "inacidisce" ripescando la potenza di Around The Fur ibridandola con il grunge grezzo e malato di In Utero dei Nirvana. Su "Phantom Bride" risalta il featuring con Jerry Cantrell degli Alice In Chains che con il suo assolo ed i suoi riff, mette la firma su un bellissimo brano che sembra una sorta di nuova "Passenger" dal retrogusto AIC. La chiusura è affidata a "Rubicon", l'unico passaggio dell'album il cui sound si ricollega alla precedente uscita discografica "Koi No Yokan" e dove dopo tanto dark, tanta maliconia e tanta new wave, nelle melodie di Moreno pare intravedersi un buona dose di speranza e spensieratezza. I Deftones hanno finalmente dimostrato di essere in grado di comporre grande musica anche fuori dai propri classici binari, dando alle stampe un meraviglioso album alternative rock, forse non immediato, soprattutto per chi è ancora legato ai tempi di "Bored" o "My Own Summer" ma che cresce ascolto dopo ascolto e rischia di diventare uno dei migliori album della band subito dopo i primi tre seminali dischi.
Voto: 8
1. Prayer/triangles
2. Acid Hologram
3. Doomed User
4. Geometric Headdress
5. Hearts / Wires
6. Pittura infamante
7. Xenon
8. (L)Mirl
9. Gore
10. Phantom bride
11. Rubicon