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LINKIN PARK
LIVING THINGS

Per un mezzo decennio hanno venduto milioni di album grazie a due grandi successi come Hybrid Theory e Meteora in cui hanno saputo rielaborare con maestria gli insegnamenti di Korn e Limp Bizkit, aggiungedoci delle forti dosi di pop che gli hanno permesso di scalare ogni tipo di classifica. In seguito sono arrivate le sperimentazioni post grunge di Minutes To Midnight che, pur richiedendo un lasso di tempo più ampio per essere assimilate, alla fine hanno raggiunto il loro scopo. Fin qui tutto bene, forse troppo, ed infatti arriva la prima "stecca", anzi, il buio pesto con a Thousand Suns, in cui i Linkin Park scimmiottano a loro modo il trip hop (o qualcosa del genere) e rimediano figuracce su figuracce grazie a canzoni nel migliori dei casi indecenti (a parte un paio).
Un tale tonfo necessitava di quasi immediate contromisure che hanno trovato terreno fertile nel nuovo Living Things, un album che ha ben poco di nuovo ma almeno suona in buona parte Linkin Park, con le cavalcate melodiche e i ruggiti di Chester Bennington accompagnate dalle parti rap di Mike Shinoda. Sia chiaro, non siamo al cospetto di un nuovo Hybrid Theory, ma il ritorno dei riff nu metal rievoca sicuramente i pezzi meno heavy di Meteora e qualche “avanzo” di Minutes To Midnight. Il recente passato non è stato del tutto cestinato, ma comunque si ha avuto il buon gusto di renderlo meno "sterile" e noioso dando ai pezzi elettronici un po’ più di brio. Si veda ad esempio "Until It Breaks" che pare un pezzo solista di Maxim dei Prodigy. Sul fronte old school si segnalano la furiosa "Victimized" e la bella "I'll Be Gone" che ha la melodia pop ed il riff giusto per poter essere considerata una figlioccia della arcifamosa In The End.
Da segnalare l'incomprensibile scelta di "Burn It Down" come primo singolo estratto, ossia il pezzo più piatto e peggio riuscito della covata, con un unico riff ripetuto fino allo spasmo a cui è stata incollata sopra una melodia pop da quattro soldi resa in minima parte interessante solo grazie alla sempre eccellente timbrica di Bennington. I Linkin Park non sono dei geni del rock, ma quando fanno le cose semplici e a loro congeniali sanno sfornare pezzi metal-pop efficaci come nessun altro.
Peccato forse per le troppe ballate che smorzano un po’ troppo il ritmo, ma siamo comunque al cospetto della loro miglior uscita post Meteora. Non so se la band americana ha ancora lo stesso appeal radiofonico di una decade fa, ma sicuramente i potenziali singoli da hit non mancano.

UnderD
Voto: 7
TRACKLIST:

1-Lost In The Echo
2-In My Remains
3-Burn It Down
4-Lies Greed Misery
5-I'll Be Gone
6-Castle Of Glass
7-Victimized
8-Roads Untraveled
9-Skin To Bone
10-Until It Breaks
11-Tinfoil
12-Powerless