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UNTO THE LOCUST
I Machine Head sono una di quelle band che hanno fatto la storia del metal recente, a metà anni novanta il loro post thrash/groove li aveva portati ad essere, a detta di tutti, gli eredi più accreditati dei Pantera; poi a cavallo dei due millenni un paio di album mal riusciti e influenzati dalla corrente nu metal ne avevano notevolmente frenato l’ascesa verso l’olimpo delle migliori band metal dell’ultimo quindicennio.
Messi da parte i riffoni nu metal la band ha saputo rinascere e ridare un senso alla propria carriera sfornando bellissimi album in serie, a partire da “Through The Ashes To Empires” che li ha visti tornare alle loro vecchie sonorità metal ma con un tocco di melodia in più, passando per il meraviglioso “The Blackening” (il loro apice creativo) in cui hanno trovato un perfetto equilibrio tra potenza e melodia, fino ad arrivare al nuovo “Unto The Locust”, un album molto atteso visto il successo planetario del suo predecessore.
Ripetersi ai livelli di “The Blackening” era umanamente impossibile ma la band di Robb Flynn (voce) ha saputo comunque sfornare l’ennesima chicca della loro discografia. "Unto The Locust" parte tetro con il chorus in latino (molto messa satanica) di “I am hell” ma dopo circa un minuto le canzoni del disco si mettono sui binari roventi del groove, del thrash, del prog e del rock, a volte all’interno della stessa canzone. "Be Still And Know" parte come un groove acido per poi diventare una canzone quasi power nel ritornello dove Flynn si diverte nel provare nuove ed azzeccate soluzioni melodiche da grandi platee. "Locust" è un groove melodico che da 3/4 in poi sfuma verso il prog, “This Is The End” è un thrash suonato ai 300 all’ora ed in modo molto moderno, infatti quel ritornello un po’ clean mi ricorda vagamente i Trivium (ma facciamo attenzione, nei MH la qualità è di un altro livello). Spiazzante come un pinguino a Milano Marittima arriva una ballata o semi ballata, una “Darkness Within” in cui Robb mette in evidenza le sue inedite doti da classic american rocker, anche se sul finale arriva comunque l’immancabile passaggio groove con voce acida e scarnificata.
In “Pearls Before The Swine” c’è un po’ di thrash old school anni '80, in alcuni momenti verrebbe da chiamare in causa i Metallica ma sarebbe troppo ingeneroso nei confronti dei MH che il loro ce lo mettono sempre e comunque. Il coro di bambini di “Who We Are” annuncia la chiusura dell’orario scolastico, non prima però di aver ascoltato un’altra buona dose di thrash melodico.
Se “The Blackening” era un album da 9, questo “Unto The Locust” si ferma a 8 ma diventa seduta stante l’ennesima perla della discografia dei Machine Head.
Voto: 8
1. I am hell (Sonata in C)/I:Sangre Sani (Blood saint)/II:I am hell/III:Ashes to the sky
2. Be still and know
3. Locust
4. This is the end
5. Darkness within
6. Pearls before the swine
7. Who we are