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MASTODON
THE HUNTER
Avevamo lasciato i Mastodon due anni fa, dopo la pubblicazione del probabile loro apice creativo di “Crack The Skye”, un album che li ha fatti apprezzare in tutte quelle parti del mondo in cui i già più che ottimi “Leviathan” e “Blood Mountain” stranamente non avevano fatto breccia.
Ai Mastodon l’idea di riproporre sempre la solita formula ben collaudata proprio non và giù e così dopo lo sludge/post hardcore degli esordi ed il più recente orientamento sludge/prog è il momento di provare lo sludge/stoner con qualche richiamo all’hard rock degli anni 70 di “The Hunter”. Il nuovo approccio ha portato in dote molta più melodia il che come tutti saprete, per i Mastodon potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio visto che regolarmente Brent Hinds e Troy Sanders in sede live non riescono a riproporre le prestazioni canore offerte in studio, così a mettere parzialmente le pezze appare Scott Kelly dei Neurosis che presta la sua voce nel brano “Spectrelight” forse il più old school dell’intero disco (assieme a "Black Tongue") ma non per questo di scarso valore.
Le melodie ed i chorus di “Curl Of The Burl” sembrano essere state composte da Josh Homme, in “Blasteroid” convivono la vecchia anima post hardcore e la nuova stoner, in “Stargasm” e “All The Heavy Lifting” si può scorgere ancora qualche nota di "Crack The Skye" anche se la band per il nuovo album ha scelto un approccio più diretto con canzoni più brevi e meno cervellotiche. Molto interesante la ballata settantiana con assolo finale di “The Hunter”. Lo stoner si ripresenta in “Thikening” che pare un’ulteriore omaggio ai Queens Of The Stone Age.
Quando siamo ormai alla fine dell’ascolto dell’album arriva una “Bedazzled Fingernails” in cui i suoni delle chitarre ricordano dei Mars Volta avvolti da atmosfere malefiche e spettrali. Per chiudere in bellezza arriva la Pinkfloydiana “The Sparrow” che riprende un po’ le atmosfere della mitica “Echoes”.
Bisogna essere sinceri, i Mastodon non hanno bissato la qualità di "Crack The Skye", perché ripetersi è sempre difficile, perché dopo sei album la sensazione del “già sentito” è inevitabile e perché per continuare a crescere a volte bisogna andare anche per tentativi che non sempre possono piacere, come nel caso di “The Hunter”, un album che necessita di più ascolti prima di essere compreso fino in fondo ma che comunque mostra un talento compositivo di tutto rispetto.
UnderD
Voto: 7/8
TRACKLIST:

1. Black tongue
2. Curl of the burl
3. Blasteroid
4. Stargasm
5. Octopus has no friends
6. All the heavy lifting
7. The hunter
8. Dry bone valley
9. Thickening
10. Creature lives
11. Spectrelight (feat. Scot Kelly)
12. Bedazzled fingernails
13. The sparrow