Dopo averci regalato una prova di grande spessore con il precedente “Hollow Crown” ed aver attirato su di sé i riflettori della scena hardcore mondiale, i britannici Architects hanno deciso di cambiare registro e rivoluzionare il proprio stile dirottandolo verso un metalcore fortemente incentrato su melodie più “radio-friendly”.
“The Here And Now” è l’album della svolta, quello più controverso che sicuramente farà parlare a lungo di sé per la quasi totale assenza di influenze math, di quella sana dose di schizofrenia che nei tre lavori precedenti era diventata una caratteristica portante del sound del quintetto, ora invece molto più moderato.
Se infatti il primo singolo “Day In Day Out” mi aveva colpito con il suo groove dinamico ed un chorus accattivante in grado di richiamare i migliori Alexisonfire, le restanti nove tracce contenute in questo quarto disco del combo di Brighton mostrano un cambiamento radicale, che perlomeno ad un primo impatto sorprende provocando un senso di disorientamento nell’ascoltatore.
Superato però lo shock iniziale si riesce a valutare l’opera in maniera più lucida ed osservando il bicchiere mezzo pieno bisogna dire che il risultato complessivo non è poi così male perché in ogni caso le qualità tecniche/artistiche del gruppo non si discutono e di conseguenza brani come “Delete, Rewind”, “Learn To Live” e “The Blues” si lasciano apprezzare senza troppi problemi, grazie anche all’ottima performance vocale del cantante Sam Carter.
L’unico vero momento di violenza allo stato puro lo si ha nella conclusiva “Year In Year Out/Up And Away” che vede la partecipazione di Greg Puciato dei Dillinger Escape Plan mentre stupisce in negativo l’eccessivo calo di intensità che si registra con episodi come “An Open Letter To Myself” o “Heartburn”, decisamente fuori luogo con le loro sonorità “emo-core”.
Nel complesso “The Here And Now”, sebbene risulti convincente solo a tratti, non è un brutto album ma al termine del suo ascolto si prova un certo senso di insoddisfazione che non si addice certamente ad una formazione di caratura internazionale come gli Architects, perché da loro è lecito attendersi di meglio.