Dopo la reunion nel 2008 i Massimo Volume tornano solo ora a proporci un nuovo album in studio. Si sono rifugiati in una villa sulle rive del Po e lontano dai trambusti metropolitani hanno registrato in presa diretta le loro idee e suggestioni, lasciandosi trasportare dall’ispirazione ma anche dallo studio.
Infatti se le musiche scivolano via come un fiume, fresche e suggestive, i testi risentono di una ricerca e un interesse non comuni, in cui sono evidenti anche vari tributi (al poeta Robert Lowell, e ad Allen Ginseber). Il risultato sono dodici tracce di rock anni 90’ e leggera psichedelia, sicuramente avvolgente.
Tutto il lavoro risulta in linea con la lunga esperienza della band, senza spinte eccessivamente rinnovatrici ma con una sicura maturità e precisione. L’aria fresca, per così dire, è data semmai dall’ingresso nella band  del nuovo chitarrista Stefano Pilia, che aveva già collaborato con loro in live “Bologna novembre 2008”. Per il resto la formula Massimo Volume è già collaudata da un pezzo, con buona pace dei fan di vecchia data. E’ forse questa la pecca più grande di “Cattive abitudini”: il non rischiare niente. Magari dopo una reunion, una ventata di aria nuova, un moto di sperimentazione mi sarebbe sembrato più interessante; ma probabilmente il gruppo ha trovato la cifra stilistica del tutto congeniale alle proprie aspirazioni.
I pezzi migliori sono “La bellezza violata”, che oscilla tra rabbia e nostalgia; “Mi piacerebbe averti qui”, molto intima e dilatata; e  la rockeggiante “Fausto”.
Non va infine dimenticata l’uscita (in concomitanza con il disco) di un libro dedicato alla band, di Andrea Pomini. Un buon prodotto in definitiva, raffinato e non addomesticato, ma poco incline a nuove vie espressive che avrebbero potuto trovare sostenitori anche in una nuova generazione di fan.