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01/10/2015 - Estragon - Bologna
Report a cura di: UnderD
E' una serata speciale quella di questa sera all'Estragon di Bologna, una delle principali band metal contemporanee, festeggia i ventuno anni di attività, regalando ai propri fan due ore e mezzo di concerto, suonando tutti i propri successi.
Il locale risponde bene, raggiungendo quasi il sold out e l'atmosfera è sospesa tra attesa e adrenalina. I Machine Head, non hanno mai avuto paura di sperimentare nuove sonorità durante i loro vent'anni di carriera e la loro parentesi "nu" di fine anni novanta e primi duemila, è ancora ben riconoscibile anche tra il pubblico, con tanti quarantenni dalla "penna bianca" che per l'occasione hanno rispolverato le magliette dell'era The Burning Red, oppure quelle di Korn, Deftones o System Of A Down. Il concerto parte con qualche minuto di anticipo rispetto alle 22:30. Le note di "Diary Of A Madman" di Ozzy fanno da intro all'uragano Machine Head che investe i 1500 dell'Estragon con "Imperium". Sono subito cori da stadio e pogo. Il frontman della band, Robb Flynn, è una macchina da palcoscenico, un vero trascinatore e, al momento dell'assolo finale di Imperium, invita tutto il pubblico a formare un circlepit che dà poi vita ad alcuni secondi di delirio e qualche scivolone. La scaletta prosegue con "Beautiful Morning" e la band continua ad essere un fiume in piena. Mi stupisco del fatto che la voce di Flynn, nonostante le tante date da due ore, appaia praticamente perfetta anche nei ritornelli più melodici. Il suono granitico della band, unito all'acustica perfetta del locale, fa godere a pieno anche le successive "Now We Die", "Bite The Bullet" e "Locust". Poi, cominciano i momenti più old school, compresi i brani nu metal, che negli ultimi dieci anni di live, la band, aveva un po' accantonato. Così ecco "From This Day", un classico delle salette crossover di qualche anno fa che però, infilata nel resto della scaletta (molto più metal oriented) della serata, risulta un po' fuori contesto, con quei riff korniani e cantato rappato. Buona esecuzione ma è chiaro che al pubblico dell'Estragon, interessano molto di più i pezzi da vero metallaro dei Machine Head. Si rimane negli anni novanta e si passa al groove metal di "Ten Ton Hammer". Robb Flynn, imbraccia la chitarra acustica e comincia a fare il menestrello, raccontando al pubblico, la storia della band e di quei gruppi che l'hanno influenzata nella zona della bay area (Metallica e Slayer). Finito il racconto, la chitarra acustica, lascia il posto ai riff di "This Is The end". I ritmi riaccelerano con le rasoiate thrash di "Season Wither", per poi tornare nel periodo "alternative" con "The Blood, The Sweet, The Tears" e "Crashing Around You", che ricalcano le stesse impressioni avute per From This Day. Piccola pausa, riempita da un solo moment del bravissimo Phil Demmel, ed ecco che ricompare Flynn con la chitarra acustica. Qualche ringraziamento, un'altro piccolo viaggio nei ricordi, un invito a sostenere la musica live e poi via con l'accordo della bellissima e travolgente "Darkness Within". Si prosegue con pochissime soste, con "Bulldozer", "Killers & Kings" e "Davidian", per poi lasciarsi cullare dall'emozionante e semi acustica "Descend The Shades Of Night". Ormai siamo a due ore di concerto ma, nonostante tutti quanti ne vorremmo ancora altrettante, ci si avvia verso il finale di serata con "Now I lay Thee Down" , l'esplosiva "Aesthetics Of Hate" e la punkeggiante "Game Over" in cui si nota, anche la grande fisicità del bassista Jared Maceachern. La serata si conclude nell'ovazione totale con i super classici "Old" e "Halo".
La band ha dimostrato ancora una volta che dopo ventuno anni di militanza, subito dietro i grandi della scena metal, ci sono ancora loro, grazie ad un repertorio vario e di qualità, più un impatto live che in pochi possono vantare. Diversi minuti di applausi, seguiti da qualche foto con il pubblico sullo sfondo e poi la band si congeda ringraziando tutti quanti. Robb Flynn è l'ultimo ad abbandonare il palco dell'Estragon e lo fa invitando i presenti a fargli un bell'urlo metal. Risate, applausi e la serata è veramente finita. Due ore e mezzo di Machine Head, in cui abbiamo potuto sentire di tutto, dal thrash, al groove, per poi finire sul nu metal, non capiterà mai più di potersele gustare un evento che in molti si ricorderanno per tanti anni. Grazie Machine Fuckin' Head!
Setlist:
diary of a madman (Intro, Ozzy Osbourne)
imperium
beautiful mourning
now we die
bite the bullet
locust
from this day
ten ton hammer
this is the end
the blood, the sweet, the tears
crashing around you
Demmel guitar solo
darkness within
bulldozer
killers & kings
davidian
descend the shades of night
now i lay thee down
aesthetics of hate
game over
old
halo