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Realizzata il: 28/05/2012
Autore: Crossoverboy
Crossoverboy intervista per Groovebox.it i Thin Wire Unlaced e si fa raccontare dalla band un po' di novità riguardo musica, concerti ed altro ancora.
Ciao ragazzi e benvenuti su Groovebox.it! Come prima cosa presentateci la formazione della band e da dove venite.
Tripp: Ciao a tutti!!! Innanzitutto un caloroso saluto a tutti i lettori di Groovebox.it!! Siamo i Thin Wire Unlaced e veniamo da Roma. Vi presento la band: è una classica e massiccia formazione a quattro elementi con Steph (Voce), Francesco “Dirty Frank” Persia (Chitarra e Seconde Voci), Tripp (Basso) e Luca “The Cuttlefish” Martino (Batteria). Il nostro genere musicale può essere “sintetizzato” come un Alternative Rock/Metal arricchito da influenze psichedeliche e post-grunge.
Raccontateci un po' di storia della band: chi sono i fondatori ufficiali, quando è nata la band e com'è nata l'idea?
Steph: Il nostro è stato un lungo percorso, la nostra storia inizia circa 10 anni fa da un’idea mia e di Dirty Frank e purtroppo durante un sodalizio musicale cosi lungo, spesso le persone scelgono diverse strade da quella della musica e del musicista.....l’importante è che poi alla fine i conti tornino e si arrivi a trovare delle persone valide e preparate come Tripp (Stick It Out) e Luca “The Cuttlefish” (ex Weeping The Black), con i quali ormai la band è ben consolidata da diversi anni ed è alimentata ogni giorno con serenità e perfetta sintonia.
Parlateci un po' del nome della vostra band: come nasce e che significato ha per voi?
Tripp: Il nome della nostra band che a prima vista può risultare un po’ difficile alla pronuncia, in realtà nasconde dietro di sé un immagine molto diretta e semplice ovvero quella di un sottile filo slacciato, slegato, svincolato. L’idea nasce dalla volontà di voler descrivere, ovviamente in senso metaforico, una condizione “superiore” alla vita (intesa come un qualcosa che va oltre la vita stessa cosi come siamo abituati a conoscerla), una sorta di meta-vita alternativa alla quotidiana esistenza di tutti i giorni. Per un attimo immaginiamo la nostre giornate così piene di impegni, stress, ansie, frustrazioni, aspettative, lavoro, gioia, tristezza, inadeguatezza, felicità, incertezza. Ci siete?? Ecco, Thin Wire Unlaced ovvero il “sottile filo sciolto” è il superamento di tutto ciò e rappresenta quindi un nuovo stato emozionale creato dalla musica, una quiete, una distensione emotiva.
Dirty Frank: Il nome della band nacque una sera in un pub della capitale; Volevamo ripartire da zero e iniziammo a partorire i nomi più assurdi finche dalle labbra del nostro ex-bassista Jenny uscirono le parole "Thin Wire Unlaced": Sottile Filo Slacciato. Per me ha un significato molteplice: da un lato, come il sottile laccio di una scarpa che ti fa inciampare, mi ricorda che devo sempre rialzarmi da terra; dall'altro, che in mezzo al groviglio di tanti piccoli fili, ce n'è sempre uno che è "slacciato" dagli altri…
Presentatevi a chi non vi conosce: descriveteci il vostro sound e a quali gruppi e generi vi ispirate maggiormente. Tralasciando il solito discorso "non ci piace essere catalogati in un genere preciso", in quale movimento/genere vi collochereste?
Steph: Inutile nascondersi e voler apparire dei fenomeni, le influenze ci sono e sono forti. E’ cosi per noi cosi come per ogni altro gruppo. Dalla nostra abbiamo un punto a favore e cioè che nonostante ascoltiamo gli stessi generi musicali, ognuno ne ha uno prevalente nel proprio Dna ed è questo permette di fonderli cercando di dare un sound e una scrittura sempre più originale. Di base c’è il grunge il caldo e profondo dei Pearl Jam a quello acido degli Alice In Chains toccando la pesantezza dello stoner dei Kyuss, la follia dei Tool con influenze anche Rock/Blues.
Tripp: Il nostro genere ha chiaramente dei forti richiami ad alcuni dei gruppi sopracitati (aggiungerei anche la dolcezza e la melodia degli A Perfect Circle e la complessità compositiva dei Soundgarden) ma è chiaro che ognuno di noi cerca di spingere questa sorta di “conoscenza di base” sempre oltre, sperimentando con la band nuove soluzioni e diverse sonorità. L’obiettivo è chiaramente quello di trovare un sound unico, maturo che ti identifichi alle orecchie di tutti. Credo che questa voltaci siamo davvero riusciti!!
Siete al lavoro su un nuovo album o lo state per pubblicare? Se sì, parlatecene un po' altrimenti come descrivereste l'ultimo lavoro che avete realizzato e cosa possono aspettarsi gli ascoltatori dalle vostre canzoni?
Dirty Frank: Il 12 maggio abbiamo presentato al New Demodè Club di Modugno (Bari) il nostro nuovo Ep "Get Out Of My Head". Un lavoro di squadra, in cui ognuno di noi ha saputo mettere del suo per far uscire un prodotto maturo e moderno. Chi ascolterà questi 4 brani noterà sicuramente una produzione corposa e moderna con delle sonorità aggressive ma altrettanto profonde e melodiche. Ogni brano è vissuto con un forte sentimento sia sul disco che durante i live.
Tripp: Vorrei inoltre aggiungere che oltre al live di Bari, il nostro nuovo lavoro è stato proposto il giorno dopo al Traffic di Roma in un release party davvero speciale dove abbiamo avuto il piacere di condividere il palco con una storica band italiana: gli Exilia.
Ora parliamo della vostra discografia e carriera: qual è stata la prima cosa in assoluto che avete mai registrato, cosa avete inciso fino ad oggi e quante esperienze dal vivo avete avuto?
Dirty Frank: La prima registrazione in assoluto è forse di una prova in sala incisa sul rimpianto Tape da cui nacque poi il primo brano scritto insieme a Steph. Dalla prima formazione fino ad oggi abbiamo registrato 4 Ep, 3 Demo, 2 singoli. In questo momento stiamo lavorando sull'uscita di un nuovo Ep per ottobre 2012. Sul versante live, in tutti questi anni, abbiamo avuto la possibilità di esibirci nella maggior parte dei locali della capitale e provincia, il tutto condito da alcuni mini tour tra date al sud e nord Italia per una decina di date all'anno più o meno.
Quale vostra canzone consigliereste a chi non vi ha mai sentiti?
Dirty Frank: C'è un brano che più di tutti continua a sorprenderci e ad emozionarci e che continua ad essere uno dei nostri principali punti di riferimento: "My Dying Sun".
Luca: "My Dying Sun" è forse il pezzo che più rappresenta questa band... ma rifateci la domanda a settembre, quando uscirà il nuovo materiale….
Tripp: Sono d’accordo con Dirty Frank e Luca, "My Dying Sun" rimane una gemma nella nostra discografia, l’eleganza messa in musica. Devo dire però che anche le ultime cose che abbiamo scritto mi danno questa sensazione di bellezza, completezza e maturità. Sarà tutto materiale che uscirà a breve: ne sentirete delle belle!!
Steph: Io sceglierei “The Great Sin” perché da un lato è un pezzo articolato e nasconde molto rabbia e dall'altro ha anche dosi melodiche ma molto acide.”
Qual è finora il momento più bello e/o importante da quando siete una band? Steph: Probabilmente il momento migliore è proprio quello che stiamo vivendo adesso, si iniziano a raccogliere i primi frutti, ognuno di noi è in perfetta sintonia con gli altri, nella gestione della band, nella scrittura dei brani che si completa quasi sempre nella sera stessa in cui si decide di farlo. Questo ci sta permettendo di bruciare i tempi e di essere sempre pronti e preparati ad ogni news improvvisa che richiama il nostro impegno. Luca: Personalmente il momento più bello che ho vissuto con la band è stato poco tempo fa, durante la seconda data del minitour estivo (ancora in corso) qui a Roma: mentre eseguivamo un nostro pezzo particolarmente movimentato, la figlia di Steph e quella di un nostro amico (3 anni) erano sotto il palco a fare una sorta di headbanging coreografico......questa cosa, mi emoziona ogni giorno. Mi fa pensare che la musica è qualcosa di speciale, che non ha età, qualcosa che ti ripaga di tutti gli sforzi fatti in 10 anni dietro le pelli. Chi è il principale compositore del gruppo? Usate qualche metodo per assemblare tutte le idee che vi passano per la testa? Dirty Frank: “Avendo dalla mia lo strumento più melodico della band, ho sicuramente avuto una parte predominante nella composizione dei pezzi; ma la composizione dei brani avviene al 99% in sala e questo mette costantemente ogni membro della band a stretto contatto con l’altro raggiungendo un feeling compositivo tra parte ritmica e parte melodica. La scrittura di un brano fondamentalmente nasce sempre da una jammata! Molto spesso alla fine di una serata in sala prove, ci ritroviamo con un brano pronto scritto in 2 ore. Luca: In passato, ad esempio per alcuni brani di “SEASON”, abbiamo lavorato su alcuni materiali/demo che il nostro prode Francesco Persia aveva già registrato e successivamente ognuno di noi ha inserito il proprio tocco personale. Per “GET OUT OF MY HEAD” si è lavorato un po' a casa e un po' in sala, spesso a squadre alterne...... invece il lavoro che abbiamo da poco terminato e che vedrà la luce a Settembre è nato e cresciuto in sala prove! Fresco, diretto, Thin Wire Unlaced al 100%. Quindi per rispondere alla domanda: siamo arrivati a comporre musica insieme, in sala, jammando... come fa una vera Rock Band. Parlateci un po' dei vostri testi: chi è il songwriter principale e quali sono gli argomenti che preferite trattare? E poi, meglio la lingua inglese o italiana? Steph: Per ciò che riguarda linee vocali, metriche e testi, me ne occupo io. Le nostre canzoni spesso sono introspettive, cerco di esternare ogni tipo di emozione che gli eventi portano in superficie; riflessioni personali, ragionamenti su alcuni fatti personali e non, su fatti realmente accaduti ma soprattutto la ricerca di un senso di libertà interiore che ad oggi è difficile trovare. Preferisco scrivere in inglese perché il suono delle parole della lingua italiana non mi appaga. Può anche darsi che sia io a non esserne capace, ma a volte dei concetti sembrano essere banali, o troppo dolci o troppo duri. L’inglese mette d’ accordo tutti e vi lancio una provocazione: nel 2012 dovremmo essere in grado tutti, dai 10 ai 60 anni di capire un testo in inglese, no? Quindi dal momento che in Italia il nostro genere non ha terreno fertile, semmai dovessimo riscontrare interesse per noi all’estero, dovrei ricominciare da zero. Quant'è importante per voi l'attività live di una band e quant'è determinante secondo voi la presenza scenica e perché? Steph: E’ importante perché capisci anche da quanto una band esiste e che tipo di esperienza ha. Inoltre, l’attitudine sul palco permette di attirare l’ interesse verso l’ascoltatore e di essere ascoltati con meno superficialità. Per noi è davvero importante il live, è una linfa vitale. Sapere se piaci o meno permette a tutti di consolidare il rapporto negli schemi interni della band (che sono già molto complessi per natura), di conoscere a fondi i caratteri e alla fine poi il tutto torna quando ti rimetti a scrivere nuovi brani…. Luca: Direi che la dimensione live in questo progetto rappresenta un buon 50% della torta. A prescindere da quali possano essere le nostre influenze siamo una Rock Band a tutti gli effetti, ci piace dare spettacolo, creare emozioni tramite la nostra musica e ricevere un feedback immediato dal pubblico. L'attività live è inscindibile da questo concetto, il rock nasce per essere suonato e fruito live... in tutto questo la presenza scenica è determinante: ho sempre immaginato i concerti rock come una sorta di “teatro improvvisato” dove gli attori (i musicisti) hanno il compito di colpire l'attenzione delle persone, ognuno con la propria identità e carattere. Quanto conta secondo voi il look di una band al giorno d'oggi? Voi avete un vostro “dress code” oppure salite sul palco come capita? Dirty Frank: Il look di una band è fondamentale in alcuni progetti come non conta nulla in altri. Più che un "dress code", ogni membro della band veste il look che rispecchia il proprio modo di essere e in un certo senso dà anch'esso un immagine ben definita della band e rende l'idea sulle influenze che ognuno di noi mette quotidianamente nella nostra musica. Luca: Nel nostro caso siamo noi e la nostra musica a tentare di creare un legame con le persone, non facciamo parte di quelle band che puntano tutto sull'apparenza... quindi non facciamo del vestiario un qualcosa su cui basare il nostro spettacolo: la musica è l'unica cosa che conta. Poi sicuramente anche il vestiario è importante... diciamo che ci stiamo lavorando! Cosa possono aspettarsi i ragazzi che vengono ad assistere ad un vostro show? Steph: Perché svelare questo particolare? Invitiamo tutti a venirci ad ascoltare quando leggono il nostro nome ;) Tripp: Non posso far altro che invitare tutti a un nostro show per vedere con i loro occhi di che cosa si tratta quando si parla di “Thin Wire Unlaced”…… ma soprattutto invito tutti a supportare la musica underground in Italia perché c’è n’è tanta e di ottima qualità!! Luca: Ad un nostro concerto non vedrai altro che il nostro telone, quattro persone che si divertono come matti insieme al pubblico, dell'ottima musica…..una cosa semplice, diretta, ma soprattutto vera! E ti dico una cosa: sta funzionando ;) Un vostro parere sulla scena italiana e suggerimenti per accrescere il movimento underground sempre più affollato; inoltre vorremmo che ci indicaste quali sono secondo voi i migliori gruppi italiani del momento. Tripp: Come dicevo anche prima, sono orgoglioso di dire che la scena italiana in quanto ad estro, capacità e creatività non ha nulla da invidiare a nessuno altro in Europa e nel Mondo in ambito rock e affini. Il problema vero è che manca la gente che supporta veramente l’underground, manca la gente che va ai concerti a gustarsi le band del momento nella propria città, manca la volontà di spendere 5/10 € di ingresso per un concerto che non abbia band di cartello nel bill della serata. Soprattutto mancano certi personaggi che orbitano intorno all’underground musicale che sappiano osservare e cogliere le situazioni giuste e investire su un qualcosa di vero e serio come la musica, in un qualcosa che è un lavoro a tutti gli effetti. Per quanto riguarda la scena romana citerei (senza distinzione alcuna di genere) band come, Buffalo Grillz, Wake Up Call, Southern Drinkstruction, Solifuge, Acid Muffin, Absolute Terror Field, Element of Chaos, Inertia. A livello italiano consiglierei i NoMoreSpeech, Subliminal Crusher, Kerosene e sicuramente qualcun altro che però adesso mi sfugge…. Luca: Aggiungerei inoltre che se le band underground smettessero di mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda sarebbe più facile e naturale autoalimentare la scena. Meglio uscire per un'etichetta discografica (che sìa major o indie) o lasciare l'intera gestione della band in stile D.I.Y. e perchè? Tripp: In base alla mia e alla nostra esperienza, io sono convinto che la band deve fare le band ossia occuparsi della musica e degli aspetti che la riguardano più da vicino come la composizione e la strumentazione. Secondo me c’è bisogno di creare un entourage, un team solido che lavori con te, che ti dia un mano e che ti supporti anche nelle decisioni da prendere. Questo ovviamente si fa col tempo, con gli investimenti giusti e con la maturità necessaria per gestire tutte le diverse situazioni. A tal proposito, vorrei dare un grosso benvenuto al nostro nuovo tour manager Fabio. Per quanto riguarda il D.I.Y., io credo che ti possa aiutare ed essere utile fino ad un certo punto. Più aumentano gli impegni e le cose da fare per la band, più è difficile gestire tutte le cose da fare e soprattutto è difficile capire come farle. Aggiungiamo lo stress, il lavoro e la vita privata. Inoltre, quando arrivi ad un certo punto devi anche capire come muoverti in un mare davvero insidioso cercando di evitare gli squali ma soprattutto i truffatori/venditori di fumo che sguazzano in una realtà musicale che non è per nulla supportata da professionisti ma da gente che fa soldi sui sogni delle persone. Detto questo, per chiudere il discorso io direi meglio sempre uscire con un etichetta che un minimo ti supporta sempre e ti da modo di presentarti anche meglio. Ovviamente il tutto a condizioni economiche ragionevoli ed eticamente giuste. Quanto vi hanno aiutato i social network come Myspace, Facebook, Twitter a farvi conoscere e quanto in generale questi strumenti possono aiutare un gruppo a farsi conoscere rischiando però di cadere nella marea di band emergenti che forse abusano di questi mezzi? A tal proposito, quali sono i vostri contatti sui social network? Luca: In primis vi elenchiamo i nostri contatti sui social network: FACEBOOK: http://www.facebook.com/ThinWireUnlaced YOUTUBE: http://soundcloud.com/thinwireunlaced MYSPACE: http://www.myspace.com/thinwireunlaced SOUNDCLOUD: http://soundcloud.com/thinwireunlaced Da sempre vedo i social network come un'arma a doppio taglio, perché se è vero che da un lato permettono la diffusione della tua musica su scala globale, dall'altro è vero che chiunque può farlo e questo crea una gran confusione. Ricordo che quando ho cominciato a suonare, le band emergenti erano poche e solo le più organizzate e al passo coi tempi avevano un sito internet. Il dominio del sito internet ovviamente coincideva con il nome della band, i siti erano talmente curati e belli a vedersi che sembravano una sorta di prolungamento dell'artwork (si potrebbe dire che spesso erano delle opere d'arte/concept che facevano parte integrante dell'opera musicale stessa). Tutto questo per dire che anche se ci si stava evolvendo verso un nuovo concetto di fruizione musicale (basta pensare ai primi player audio e all'avvento dei file audio, dove per la prima volta non c'era bisogno di un supporto fisico per ascoltare musica) le band emergenti avevano un'identità molto più forte, paradossalmente era più facile trovare band interessanti. Ora invece c'è un oceano di gente che suona e che produce musica, difficile orientarsi... Sia chiaro che non è un discorso da nostalgici né voglio demonizzare questi fenomeni (anche perché ormai sono necessari per fare qualche passo nel mondo della musica)... mi sembra chiaro che a causa dei social network, la musica sta perdendo il suo valore artistico, la sua solidità. Chiudo lasciandovi a mia volta con una domanda: non pensate che la musica stia accusando una forte globalizzazione proprio a causa dei social network? Se, fantasticando, poteste scegliere un producer con il quale lavorare, chi scegliereste? Luca: Joe Barresi, tutta la vita! Tripp: in ordine sparso direi Dave Grohl (se avesse tempo di fare il produttore!), Butch Vig, Nick Raskulinecz E con quale musicista/gruppo realizzereste invece una canzone (o un remix) assieme? Luca: Mi piacerebbe fare qualcosa con una bella voce femminile... qualcosa che però non sia scontato, qualcosa che fonda più generi del tipo: Malika Ayane feat. Thin Wire Unlaced. Tripp: Il mio sogno è realizzare un brano con Jerry Cantrell e gli Alice In Chains!! Prima abbiamo parlato dei gruppi ai quali vi ispirate di più per il genere che fate. Ora invece vorrei parlare dei gruppi che vi hanno cambiato la vita, anche di tutt'altro genere. Quali sono i vostri gruppi o cantanti preferiti e quali vi hanno spinto a voler diventare musicisti? Steph: Eddie Vedder (Pearl Jam), Phil Anselmo (Pantera, ma soprattutto Down), Maynard James Keenan (Tool, ApC). Osservando i loro live e ascoltando la loro musica è facile intuire il perché… Dirty Frank: Metallica, Pearl Jam, Pantera, Tool, Down, APC, Faith No More, Porcupine Tree Luca: Probabilmente ho cominciato a suonare a causa dei Deep Purple e dei Led Zeppelin, passando per i Pantera, rimbalzando sui RHCP e sfociando infine sui Tool. Tripp: Il rock anni 70 per quanto riguarda l’approccio e sicuramente la musica anni 90 made in Seattle A livello di musicisti, qual è il vostro sogno nel cassetto? Steph: Contribuire alla crescita musicale in Italia, cercando di diventare una realtà ma soprattutto lasciare qualcosa di nostro impresso nel nostro paese. Album (o gruppo) straniero da consigliare ad un amico Tripp: Spiritual Beggars – Return To Zero Luca: Mark Lanegan Band - Blues Funeral Album (o gruppo) italiano da consigliare ad un amico Luca: Dalla pace del mare lontano – Sergio Cammariere Tripp: Timoria - 2020 Speedball Album (o gruppo) in cui quale avresti voluto suonare Luca: Mer De Noms – A Perfect Circle Tripp: Tool - Lateralus Ultimo album (o gruppo) ascoltato Luca: Gojira – The Way Of All Flesh Tripp: Jane’s Addiction – The Great Escape Artist Ultima cosa: lasciate un breve messaggio di saluto che possa anche convincere le persone ad ascoltarvi. Luca: Vi lasciamo e vi salutiamo con la frase che trovate sul nostro ultimo EP “Let the wind carry the seed of your madness” un’invito ad essere sempre e comunque se stessi. See ya on stage :) Thin Wire Unlaced